Il Comandante della nave ed i suoi poteri ai sensi del Codice della Navigazione

PREMESSA: IL RUOLO DEL COMANDANTE DELLA NAVE 

Il Comandante ai sensi degli artt. 321 e 322 c. nav. (disposizioni che elencano la gerarchia di bordo rispettivamente per le navi adibite alla navigazione marittima e a quella interna) è il soggetto apicale a bordo della nave.  

Tabella che sintetizza la gerarchia di bordo sia per le navi adibite alla navigazione marittima che per quelle adibite alla navigazione interna

Esso è munito di ampi poteri che trovano la loro disciplina in varie disposizioni del Codice della navigazione.  

L’art. 292 c. nav. (norma rubricata “comando della nave”) prevede che per assumere il comando di una nave è necessario essere muniti di un’apposita abilitazione. Tale abilitazione può sostanziarsi nella patente nautica, per il comando delle unità da diporto, o in requisiti più stringenti, per il comando delle unità mercantili o militari.  

La figura del Comandante della nave ha radici storiche risalenti nel tempo. 
Essa era già riconosciuta nel diritto romano: allora con il termine “magister navis” si identificava la persona, designata dall’armatore, cui era stata affidata la gestione ed il comando della nave. 

LE FUNZIONI DEL COMANDANTE 

Oggi le funzioni del Comandante si possono riassumere in attività: 
tecnico-gestionali  
rappresentative  
amministrative 

Queste funzioni, in caso di morte, assenza o impedimento del Comandante spettano all’Ufficiale di coperta di grado più alto, o in assenza, al nostromo salvo diverse indicazioni da parte dell’armatore della nave; in assenza di designazioni da parte dell’armatore spetterà all’Autorità portuale provvedere alla nomina di un nuovo Comandante (art. 293 c. nav. norma rubricata “sostituzione del comandante in corso di navigazione”). 

ATTIVITÀ TECNICO-GESTIONALI 

L’art. 295 c. nav. (norma rubricata “direzione nautica, rappresentanza e poteri legali”) prevede che al Comandante spetta, in modo esclusivo, la direzione della manovra e della navigazione. Inoltre ai sensi dell’art. 298 c. nav. (norma rubricata “comando della nave in navigazione”) il Comandante deve dirigere personalmente la manovra in entrata ed uscita da porti, canali o fiumi ed in ogni altra circostanza in cui la navigazione si presenti di particolare difficoltà

Le due disposizioni non devono essere interpretate in senso letterale: nei fatti non è il Comandante a svolgere personalmente le operazioni di cui agli artt. 295 e 298 c. nav.. 
Infatti, le due norme si riferiscono “non all’esercizio delle predette facoltà ma alla titolarità del potere direttivo” (U. LA TORRE “codice della navigazione esplicato”: quindi nulla osta che il Comandante possa delegare l’esercizio della manovra della nave; tuttavia, pur delegando le predette mansioni, il Comandante è tenuto ad essere presente ed a “dirigere” l’equipaggio nei casi indicati dagli artt. 295 e 298 c. nav.

ATTIVITÀ RAPPRESENTATIVE 

il Comandante rappresenta l’equipaggio, i passeggeri e l’armatore (art. 295, co. 2, c. nav.).  

Più nello specifico secondo la dottrina (A. FILIALE-M. GRIMALDI “Manuale di diritto della Navigazione marittima, interna e aerea”) il Comandante rappresenta negozialmente l’armatore quando quest’ultimo non sia presente e/o non abbia nominato un suo rappresentante (c.d. absentia domini).  

Il Comandante rappresenta processualmente l’armatore in giudizio per i fatti avvenuti a bordo nonché per ogni altra controversia sorta in relazione alla nave, al carico o all’equipaggio. 
In questi casi è l’armatore il soggetto del rapporto giuridico litigioso e il comandante non ha alcun interesse proprio a contraddire la domanda proposta da terzi nei suoi riguardi” (A. LEFEBVRE D’OVIDIO, G. PESCATORE, L. TULLIO op. cit.). 

ATTIVITÀ AMMINISTRATIVE 

Le molteplici funzioni di carattere amministrativo del Comandante trovano fondamento in virtù della particolare qualifica pubblicistica che il Comandante riveste: un privato che esercita una funzione di pubblico interesse ex art. 359, co. 2, c.p.; la dottrina qualifica il Comandante come un “esercente privato di una pubblica funzione” (Ibidem). 

Le sue funzioni amministrative secondo la dottrina (Ibidem) possono essere raggruppate in: 
– attività di carattere disciplinare 
– attività di polizia 
– attività esplicabili in quanto capo della comunità viaggiante 

Questi poteri possono esplicarsi tanto verso l’equipaggio tanto verso i passeggeri.  
Ciò in quanto, ai sensi dell’art. 186 c. nav. (norma rubricata “Autorità del comandante”) tutte le persone a bordo della nave sono soggette all’autorità del Comandante. 

• POTERI DI CARATTERE DISCIPLINARE 

L’art. 1249 c. nav. (norma rubricata “potere disciplinare nella navigazione marittima e interna”) apre lo specifico titolo (“infrazioni e pene disciplinari”) del Codice relativo alle sanzioni disciplinari
Le norme ivi contenute si dividono in sanzioni a carico dell’equipaggio e a carico dei passeggeri

Sanzioni a carico dell’equipaggio  
(artt. 1251 – 1255 c. nav.) 

L’art. 1251 c. nav. (norma rubricata “infrazioni disciplinari”) tipizza le possibili infrazioni che l’equipaggio può compiere: 
– rifiuto o ritardo di obbedienza ad un ordine del Comandante o di altro superiore o inosservanza del regolamento di bordo 
– inosservanza delle regole che disciplinano l’esercizio dell’attività dei porti 
– negligenza nell’adempimento delle proprie mansioni 
– assenza da bordo della nave senza dovuta autorizzazione 
– abbandono della nave 
– mancato rispetto verso i superiori gerarchici 
– disordini a bordo; ulteriori comportamenti volti a turbare l’ordine e la disciplina della nave; cattiva condotta  

L’art. 1252 c. nav. (norma rubricata “pene disciplinari per l’equipaggio della navigazione marittima o interna”) prevede che le condotte precedentemente illustrate possono essere sanzionate (a seconda della gravità) con
1) consegna a bordo da 1 a 5 giorni  
2) arresto di rigore per non più di 10 giorni (ossia rimanere confinati nel proprio alloggio per i giorni indicati) 
3) ritenuta del salario da 1 a 30 giorni o di una quota di utili da Euro 0,0103 a Euro 0,154 
4) inibizione dall’esercizio della professione per un tempo non inferiore a 1 mese e non superiore a 2 anni 
5) cancellazione dalle matricole o dai registri della gente di mare 

Il codice dispone che il Comandane della nave può disporre solo le sanzioni di cui al nn. 1 e 2 mentre il Comandante del Porto può disporre le sanzioni di cui ai nn. 1-2-3. Le sanzioni di cui al nn. 4 e 5 possono essere disposte unicamente dal (allora) “Ministero per le comunicazioni” (oggi Ministero per lo sviluppo economico). 

Tali condotte possono assumere anche conseguenze penalistiche: venendo impedito il regolare svolgimento di attività di carattere pubblicistico l’autore della violazione può rispondere del reato di cui all’art. 328 c.p. (“omissioni di atti d’ufficio. Ritardo”).  

Sanzioni a carico dei passeggeri  
(1256 – 1257 c. nav.) 

Il codice della navigazione tipizza anche le condotte e le sanzioni che possono essere compiute dalle (ed ascritte a carico delle) persone a bordo della nave in qualità di passeggeri. 

L’art. 1256 c. nav. (norma rubricata “infrazioni disciplinari dei passeggeri”) prevede che costituiscono comportamenti sanzionabili disciplinarmente: 
– la mancanza di rispetto verso il Comandante, ufficiali o sottoufficiali 
– recare molestia agli altri passeggeri o all’equipaggio 
– turbare in qualsiasi modo il buon ordine della nave 
– inosservanza del regolamento di bordo 

Tali condotte, a seconda della loro gravità, possono essere sanzionate ex art. 1257 c. nav. (norma rubricata “pene disciplinari per i passeggeri”) con: 
• ammonimento semplice 
• ammonimento pubblico 
• esclusione dalla tavola comune da 1 a 5 giorni 
• proibizione di stare in coperta un periodo non superiore a cinque giorni 
• sbarco al prossimo porto di approdo in territorio nazionale (se trattasi di navi impiegate alla navigazione interna) 

Anche i passeggeri, ove la propria attività, dolosamente (ossia consapevolmente e volontariamente), arrechi un ritardo o impedisca il regolare svolgimento della nave, possono rendersi colpevoli del reato di cui 328 c.p.. 

Le sanzioni irrogabili dal Comandante dell’aeromobile 

La disciplina aeronautica solitamente riprendere per analogia quella prevista per la navigazione marittima.  
Tuttavia in questo caso si ravvisano alcune diversità: infatti il Comandante dell’aereo può arrecare sanzioni disciplinari solamente a carico dei passeggeri mentre gli sono precluse sanzioni a carico dell’equipaggio: tali sanzioni ai sensi dell’art. 1250 c. nav. (norma rubricata “potere disciplinare aeronautico”) sono esercitate dal direttorio dell’ENAC – ente nazionale aviazione civile – o dalle Autorità Consolari.  

POTERI DI POLIZIA 

In quanto soggetto che svolge una funzione pubblicistica il Comandate della nave assolve funzioni di polizia giudiziaria (ossia reprimere reati od impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori) ed attività di polizia di sicurezza (impedire il carico a bordo di soggetti pericolosi o affetti da malattie contagiose). 

In particolare modo in le funzioni di p.g. sono attribuite direttamente dall’art. 1235, co. 2, c. nav. (norma rubricata “ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria”) al Comandante della nave. 
L’art. 1237 c. nav. (norma rubricata “reati in corso di navigazione”) prevede che nel caso venga commesso un reato a bordo della nave il Comandante, al momento dell’approdo e comunque non oltre 24 ore dall’approdo, provvederà a consegnare alle Autorità di terra le persone in stato di arresto o fermo nonché le denunce, querele, referti e corpi di reato effettuando della consegna un’apposita relazione da trasmettere alla Procura della Repubblica. 

POTERI IN QUALITÀ DI CAPO DELLA COMUNITÀ VIAGGIANTE 
In quanto organo di vertice di una “comunità” distaccata dalla terraferma, ma che costituisce un “territorie flottant” dello Stato cui la nave batte la bandiera, il Comandate della nave può: 

Celebrare matrimoni  
Funzione esercitabile solamente in casi particolari: ad es qualora uno dei nubendi si trovi in pericolo di vita. 

Svolgere funzioni di Ufficiale di Stato civile  
Il Comandante della nave può certificare nascita, morte o sparizione in mare delle persone a bordo (funzioni che trovano riscontro nell’art. 296 c. nav. – norma rubricata “atti di stato civile e testamenti”).  

Esercitare funzioni notarili  
Ai sensi dell’art. 611 c.c. (norma rubricata “testamento a bordo di nave” e richiamata dalla seconda parte dell’art. 296 c. nav.) il Comandante, o colui che lo segue immediatamente in ordine di servizio, può ricevere durante il viaggio testamenti.  

Ai fini della sua validità, il testamento deve essere redatto in doppio originale in presenza di due testimoni e deve essere sottoscritto dal testatore, dalla persona che lo riceve e dai testimoni. Il testamento così ricevuto deve essere conservato tra i documenti di bordo e di tale ricezione deve essere data notizia nel giornale di bordo, o nel giornale nautico, e nel ruolo dell’equipaggio (art. 612 c.c. norma rubricata “forme [del testamento]”.  

Al momento dell’approdo il comandante è tenuto a consegnare alle apposite autorità il testamento.  
L’art. 613 c.c. (norma rubricata “consegna [del testamento]” prevede che in caso di approdo in un porto estero il Comandante è tenuto a consegnare all’Autorità consolare uno degli originali ed una copia dell’annotazione fatta sul giornale di bordo o nautico e sul ruolo d’equipaggio. Al ritorno in Italia gli altri originali del testamento devono essere consegnati alla competente autorità marittima locale

Ricezione delle notificazioni  
L’art. 1248 c. nav. prevede che per le notificazioni delle persone a bordo, sia come equipaggio sia come passeggeri, la nave è considerata come “abitazione” dal momento dell’imbarco fino a quello dello sbarco. Le notificazioni quindi perverranno (seppure in busta sigillata nel rispetto della segretezza della corrispondenza ex art. 15 Cost.) direttamente al Comandante che provvederà personalmente, o tramite suo delegato, a consegnarle al destinatario. 

di:  
Avv. Lorenzo Marranci – Avvocato presso Rocchi & Avvocati 

Riforma concessioni demaniali marittime – A.S. 2469 (D.D.L. Concorrenza)

PREMESSA

Approvato dal Senato, in data 30 maggio 2022, con 180 voti favorevoli, 26 contrari e 1 astenuto (totale 207 Senatori votanti), il testo dell’Atto del Senato n. 2469 (c.d. D.D.L. Concorrenza) che introduce novità in ambito di concessioni demaniali marittime. Alla data corrente, inizio di Giungo 2022, il D.D.L. è stato assegnato alla Camera (C. 3634) ma questo ramo del Parlamento non ne ha ancora iniziato l’esame.

La riforma mira a promuovere la concorrenza nel nostro Paese (ex art. 117 lett. e Cost.) in modo di garantire l’accesso al mercato anche alle imprese di piccole dimensioni, migliorare la qualità dei servizi, rimuovere gli ostacoli di carattere normativo e amministrativo all’apertura dei mercati e tutelare i consumatori (art. 1 del D.D.L. rubricato “finalità”).

Il D.D.L. non si occupa solo del tema delle concessioni demaniali (disciplinate dal Capo II: artt. 2 – 7) ma nei suoi 36 articoli affronta ulteriori tematiche quali: servizi pubblici locali e trasporti (Capo III: artt. 8 – 12) fonti energetiche e della sostenibilità ambientale (Capo IV: artt. 13 – 15), della tutela della salute (Capo V, artt. 16 – 22), infrastrutture digitali e dei servizi di comunicazione telefonica (Capo VI: artt. 23 – 26), rimozione degli oneri per le imprese e della parità di trattamento tra gli operatori (Capo VII: artt. 27 – 31), rafforzamento dei poteri in materia di attività antitrust (Capo VIII: artt. 32 – 35).

Tra le molteplici materie affrontate, trattano esclusivamente del tema delle concessioni del demanio marittimo, lacuale fluviale (in ambito sportivo, turistico-ricreativo e portuale) gli artt. 2 – 5 del D.D.L. Concorrenza (per il testo delle singole disposizioni clicca qua).

Le disposizioni in commento perseguono il duplice scopo di:

incentivare la possibilità che nuovi operatori possano diventare titolari di concessioni demaniali (previsione finalizzata ad introdurre un mercato maggiormente concorrenziale);

tutelare i precedenti titolari delle concessioni demaniali (misure volte a proteggere la posizione e l’occupazione dei precedenti titolari).

Queste finalità non saranno perseguite direttamente dal D.D.L.: la riforma prevede che verranno emanate specifiche fonti governative volte ad integrare e specificare con maggiore precisione il contenuto del D.D.L. concorrenza.

Di seguito le novità apportate dalla riforma.:

INTRODUZIONE DI UN SISTEMA DI MAPPATURA DELLE CONCESSIONI DEMANIALI (art. 2)

Il D.D.L. introduce un sistema di mappatura telematica delle concessioni esistenti all’interno del quale verranno indicate le qualità del bene in concessione e le generalità dei soggetti titolari della concessione. Tali divulgazioni dovranno avvenire nel rispetto dei principi indicati dal Codice della privacy del 2021 e del GDPR; non potranno quindi essere divulgati i dati sensibili dei titolari dei beni.

Lo scopo della divulgazione di tali dati è di consentire a soggetti terzi di avere le informazioni necessarie sul bene; in questo modo gli interessati potranno presentare offerte congrue ed adeguate in proporzione alle qualità e allo stato del bene demaniale.

Il D.D.L. concorrenza prevede che questo sistema informatico verrà avviato entro la fine del 2023; ciò è ricavabile indirettamente dalla norma: essa prevede che al fine di progettare e sviluppare il sistema informatico verranno stanziate le somme di un milione di euro per l’anno 2022 e di due milioni per l’anno 2023. Dispone inoltre che a partire dal 2024 verranno stanziate le somme di due milioni annui per la manutenzione e lo sviluppo del programma. Le somme per finanziare il progetto (un milione per il 2022 e due per il 2023) saranno prelevate da uno specifico fondo previsto nell’ambito del programma “fondi di riserva e speciali” che rientra tra i c.d. “fondi da ripartire” previsti dal Ministero delle Economie e delle finanze nel 2021 nell’ambito del bilancio triennale 2021-2023 (co. 3 e 4).

Nessuna nuova forma di tassazione è quindi prevista per il finanziamento del progetto in commento.

Il D.D.L. (co. 2) precisa che verrà emanato un decreto legislativo volto a regolare il sistema di mappatura prevedendo:

cosa potrà essere rilevato: saranno contenuti in questo archivio tutti gli atti, contratti o convenzioni che attribuiscono ai privati o a soggetti pubblici l’utilizzo esclusivo di un bene (c.d. concessioni).

– l’indicazione dei titolari delle concessioni: nella specifica banca dati telematica saranno contenuti i nominativi ed i dati dei soggetti titolari delle concessioni.

– quali dati del bene in concessione dovranno confluire nell’archivio telematico: identificazione della data in cui è stato ottenuto il bene e della data di scadenza della concessione con ulteriore indicazione di eventuali rinnovi a favore dello stesso soggetto o ad una società collegata nonché dell’ammontare dei canoni.

– quale sistema informatico gestirà i dati: oltre a prevedere quale apposito sistema informatico sarà volto alla gestione e alla divulgazione dei dati, il D.D.L. auspica l’introduzione di un sistema interattivo capace di “dialogare” con gli altri archivi informatici. In tale modo la riforma vuole offrire alla collettività un servizio telematico ampiamente efficiente.

Il D.D.L. prevede che sarà il Ministero delle Economie e Finanze a gestire la pianificazione e il futuro sviluppo del sistema.

DISPOSIZIONI SULL’EFFICACIA DELLE COCNESSIONI DEMANIALI (art. 3)

La riforma vieta il sistema delle proroghe automatiche stabilendo che le concessioni in essere rimarranno in vigore fino alla data (già indicata dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con le Sentt. 17 e 18/2021 – per approfondimenti sulle pronunce clicca qua) del 31 dicembre 2023 (co. 2).

In via eccezionale, se sussistono ragioni oggettive che impediscono la conclusione della procedura selettiva entro la data fissata (esempi indicati dalla norma: un contenzioso o difficoltà nello svolgimento della procedura per la scelta di un nuovo concessionario) l’Amministrazione, con atto motivato potrà posticipare il predetto termine ma non oltre il 31 dicembre 2024. Fino a quando non verrà conclusa la procedura di scelta del concessionario, l’attuale titolare della concessione rimarrà nella disponibilità del bene. Quest’ultimo, per il fatto di conservare la sua posizione non risponderà della contravvenzione di cui all’art. 1161 c. nav., norma rubricata “abusiva occupazione di spazio demaniale e inosservanza di limiti alla proprietà privata”- fattispecie che sanziona con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a 516,00 euro chi arbitrariamente occupa uno spazio del demanio marittimo – (co. 3).

Dispone il medesimo articolo che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti dovrà presentare entro il 30 giugno 2024 una relazione alle Camere volta ad evidenziare lo stato e lo sviluppo delle concessioni, illustrando quali procedure risultano già concluse alla data indicata e quali sono ancora in fase di svolgimento. Eccezionalmente, il Ministro potrà differire la sua relazione prestandola alle Camere in una data successiva; in ogni caso il termine ultimo entro il quale presentare la relazione è il 31 dicembre 2024. Nel caso in cui la relazione non venga presentata entro il 30 giugno 2024 il Ministro è tenuto a motivare le ragioni che gli hanno impedito di procedere entro la data fissata dalla norma (co. 3 e 4).

La norma (co. 5) abroga alcune precedenti disposizioni in materia di concessioni demaniali marittime quali:

– i commi 675 – 683 dell’art. 1 della legge 145/2018 (legge di “bilancio di previsione per il triennio 2019-2021”);

– il comma 2 dell’art. 182 del D.L. 34/2020 convertito in legge 77/2020 (legge recanti “misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza COVID-2019);

– il comma 1 dell’art. 100 del D.L. 104/2020 convertito in legge 126/2020 (legge recanti “misure urgenti per il rilancio dell’economia”)

RIFORMA DEL SETTORE DELLE CONCESSIONI DEMANIALI MARITTIME (art. 4)

Il presente articolo autorizza il governo ad adottare, entro sei mesi dall’entrata in vigore del D.D.L. uno o più decreti legislativi finalizzati ad introdurre criteri omogenei per la scelta degli operatori economici (co. 1).

Beni oggetto del presente articolo sono le aree demaniali marittime, lacuali o fluviali; rimangono escluse per espressa previsione della norma le aree relative alla cantieristica navale, all’acquacultura e alla mitilicultura (co. 1).

Il o i futuri decreti legislativi dovranno introdurre appositi meccanismi volti a promuovere un mercato maggiorante concorrenziale. La scelta del soggetto cui affidare il bene dovrà avvenire tenendo tuttavia conto della professionalità o della competenza maturata dal concessionario uscente (requisito che però non può comportare un rinnovo automatico pena la violazione della concorrenza).

Nella scelta del concessionario la riforma dovrà inoltre premiare gli operatori (co. 2 lett. e n. 1 ss):

muniti della certificazione di parità di genere (art. 46 bis Dlgs 198/2006 – c.d. codice pari opportunità) o di imprese a prevalente o totale partecipazione giovanile;

– che risultano in grado di offrire un adeguato e funzionale servizio agli utenti consentendo l’accesso agli impianti a soggetti affetti da disabilità o che comunque hanno realizzato le loro opere con il minore impatto ambientale possibile.

La previsione di questi criteri ha lo scopo di ridurre il più possibile la discrezionalità della P.A. nella scelta dell’operatore da preferire e di giungere in questo modo all’introduzione di parametri oggettivi per stabilire a chi attribuire il bene.

Inoltre saranno chiarite le condizioni ed i casi in cui potranno realizzarsi subingressi di ulteriori operatori nella stessa concessione (co. 2 lett. g).

Verrà fissata la durata massima delle concessioni, le quali non potranno durare per un periodo superiore a quanto necessario ad ammortare gli investimenti effettuati sul bene (co. 2 lett. e n. 7).

Con lo scopo di prevenire ed evitare il formarsi di posizioni monopolistiche il D.D.L. stabilisce il tetto massimo di concessioni che potranno essere attribuite allo stesso operatore (co. 2 lett. l).

Vengono previste anche misure volte a tutelare i precedenti titolari e tutti coloro che hanno utilizzato la concessione (nei cinque anni anteriori all’avvio della procedura selettiva) quale unica o prevalente fonte di reddito per sé e per il nucleo familiare (co. 2 lett. e n. 5.2). Saranno anche stabiliti criteri per quantificare gli indennizzi da riconoscere a carico del concessionario uscente (co. 2 lett. i).

La riforma interviene anche al fine di introdurre paramenti volti a stabilire l’importo dei canoni di concessione; essi dovranno essere parametrati tenendo conto del pregio naturale e della redditività del bene (co. 2 lett. f).

CONCESSIONI DI AREE E BANCHINE (art. 5)

L’art. 5 del DDL prevede una riscrittura dell’art. 18 della legge 84/94 articolo, come da rubrica, volto a disciplinare le “concessioni di aree o banchine”. Tali previsioni, alla luce dell’ultimo comma della norma si applicano anche ai depositi e agli stabilimenti petroliferi e chimici allo stadio liquido nonché di altri prodotti affini situati in ambito portuale (co. 18).

La norma prevede l’introduzione di una apposita fonte governativa (un regolamento ex art. art. 17, co. 3, D.lgs 400/88 adottato con decreto del Ministero delle Infrastruttura di concerto con il Ministero delle Economia e Finanze) che stabilirà:

criteri uniformi per l’assegnazione delle concessioni (co. 2);

– indicazione della loro durata (tetto massimo 10 anni);

– i soggetti che dovranno vigilare sul corretto svolgimento della procedura di selezione.

Coloro che intendono ottenere il bene dovranno presentare domanda all’Amministrazione territorialmente competente (Autorità di sistema portuale e ove non istituita l’Autorità marittima) presentando uno specifico piano di attività, assistito da idonee garanzie (anche di tipo fideiussorio), volto ad incrementare i traffici e la produttività del porto. Il richiedente dovrà dimostrare di essere in possesso di attrezzature tecniche-organizzative e della forza lavoro adeguata per il raggiungimento di tale obbiettivo (co. 8).

Il concessionario scelto dalla P.A. dovrà esercitare direttamente l’attività per la quale ha ottenuto il bene. La norma tutela la concorrenza prevedendo che il concessionario non può essere allo stesso tempo titolare di una seconda concessione nello stesso porto. Questo divieto non si applica nei porti di rilevanza economica internazionale o nazionale tuttavia in questo caso la norma vieto lo scambio di manodopera tra le diverse aree demaniali appartenenti allo stesso concessionario o a soggetti a questa riconducibili (co. 9).

Spetterà alla P.A. (Autorità di sistema portuale e ove non istituita l’autorità marittima) verificare la sussistenza in capo al concessionario dei requisiti che hanno giustificato l’attribuzione del bene al concessionario. Il venire meno di tali requisiti porterà la P.A. a revocare (ex art. 21 quinques LPA) la concessione al titolare. A cadenza annuale l’amministrazione dovrà vigilare sull’effettiva sussistenza di tali requisiti (co. 10 -11).

di:
Avv. Lorenzo Marranci – Avvocato presso Rocchi&Avvocati

Legge SalvaMare

PREMESSA

In data 11 maggio 2022 è stato approvato dal Senato, il DDL 1571-B “c.d. “SalvaMare””. Il DDL, presentato per la prima volta nel 2018, era già stato approvato dalla Camera.

Il c.d. “SalvaMare”, composto da sedici articoli, ha lo scopo di tutelare le nostre acque mediante apposite campagne di sensibilizzazione alla collettività (art. 3 e 8) e agli studenti (art. 9) in modo da evitare che esse vengano irrimediabilmente compromesse dai rifiuti. Inoltre, la riforma mira a premiare coloro che si attivano per ripulire le acque dalle sostanze inquinanti (art. 11).

Il “SalvaMare” (art. 1) non presenta una definizione esplicita di rifiuto.

Continuerà quindi a valere quanto indicato dal codice dell’ambiente (Dlgs 152/06) all’art. 183, co. 1, lett. a (cioè “qualsiasi sostanza o oggetto il cui detentore si disfi o abbia l’intenzione di disfarsi”).

Tuttavia, il “SalvaMare” tratta e definisce specifiche tipologie di rifiuti (gli accidentalmente e volontariamente pescati ex art. 1, co. 2, lett. a – b) nonché i soggetti e gli oggetti coinvolti nelle operazioni di tutela e di pulitura delle acque (art. 1, co. 2, lett. c-i).

Le tutele così delineate dal “SalvaMare” verranno integrate da appositi Decreti Ministeriali così come previsto in molteplici articoli del DDL (art. 2, co. 9, art. 3 co. 1 e 2, art. 4, art. 7, art. 11, co. 2 e art. 12)

Il nome “SalvaMare” èperò riduttivo in quanto il DDL ha lo scopo di proteggere tutte le acque del nostro Paese, non solo quelle marittime ma anche le lacuali e fluviali.

Questa riforma si colloca tra le molteplici norme, già esistenti, di natura interna o internazionale [es. la convenzione di Montego Bay (c.d. UNCLOS) che nella sua parte XII (artt. 192 – 237) contiene una serie di norme volte a, così come indicato nella rubrica della presente parte, “proteggere e preservare l’ambiente marittimo”] in tema di tutela delle acque.

Il DDL prevede l’istituzione anche un nuovo organo collegiale, denominato tavolo interministeriale di consultazione permanente, (art. 14) composto da rappresentanti dei Ministeri e di altre P.A.

Il “tavolo” ha lo scopo coordinare le operazioni di lotta all’inquinamento delle acque nonché di ottimizzare le attività di pesca introducendo metodi sempre più sostenibili.

Numerose disposizioni del DDL prevedono che le novità introdotte dal “SalvaMare” non dovranno comportare un aggravio di risorse economiche, monetarie ed umane presenti nelle nostre Amministrazioni (art. 5, co. 2, art. 7, co. 2, art. 8, co. 2, art.14, co. 4 e ribadito esplicitamente nell’art. 16 del DDL).

Il “SalvaMare” impone così che le P.A. siano efficienti cioè capaci di raggiungere gli obbiettivi fissati con il minor dispendio dei mezzi.

Nessun articolo introduce sanzioni di natura penale (misure che possono limitare la libertà personale) o amministrativa (pagamento di somme di denaro da corrispondere per eventuali danni ambientali). Ugualmente non sono introdotti nuovi reati o previsti edittali più severi alle norme già vigenti nel nostro codice penale (es. art. 452 bis ss c.p. in materia di inquinamento ambientale).

IL CONTENUTO E IL COMMENTO DEI SINGOLI ARTICOLI DEL C.D. “SALVAMARE”

 (Per il testo completo clicca qua)

Art. 1 – “finalità e definizioni

L’articolo in commento chiarisce, al primo comma, che lo scopo del DDL è di compiere il risanamento dell’ecosistema acquatico e di promuovere l’economia circolare nonché sensibilizzare la collettività al tema della tutela delle acque marittime, lacuali e fluviali.

Vengono inoltre offerte, al secondo comma, le definizioni di:

a) Rifiuti accidentalmente pescati – Termine volto ad indentificare i rifiuti rinvenuti casualmente nelle acque, fluviali, lacuali o marittime durante operazioni di pesca oppure occasionalmente durante la navigazione. [Il presente tema è maggiormente affrontato dal successivo art. 2 della legge].

b) Rifiuti volontariamente raccolti – rifiuti volontariamente recuperati mediante appositi sistemi di raccolta oppure rinvenuti nel corso delle campagne di pulizia del mare, di fiumi o di laghi.

c) Campagna di pulizia – operazioni volte a compiere la pulitura delle acque marittime, lacuali o fluviali. [Il tema è maggiormente affrontato dal successivo art. 3].

d) Campagna di sensibilizzazione – attività volta a promuovere e diffondere modelli virtuosi di tutela dei mari, dei fiumi e dei laghi, evitando che le persone gettino rifiuti nelle acque. [tema affrontato dai successivi artt. 8 e 9].

e) Autorità competenteAmministrazione Comunale territorialmente competente.

f) Soggetto promotore della campagna di pulizia – Soggetti che si incentivano per effettuare le pulizie delle acque. [il successivo art. 3 prevede l’elenco dei soggetti che possono svolgere tali attività].

g) Imprenditore ittico – colui che svolge un’attività di impresa ittica; la legge rinvia per la definizione di questo soggetto all’art. 4 del D.lgs 4/2012 [“È imprenditore ittico il titolare di licenza di pesca, di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 26 maggio 2004, n. 153, che esercita, professionalmente ed in forma singola, associata o societaria, l’attività di pesca professionale di cui all’articolo 2 e le relative attività connesse”]

h) Nave – “unità” destinata al trasporto per acqua, compresi i pescherecci, le unità da diporto, gli ali­scafi, i veicoli a cuscino d’aria, i sommergibili e le imbarcazioni galleggianti. [La presente definizione riprende quanto, con alcune difformità, quanto dall’art. 146 c. nav., ossia la norma codicistica che definisce la nozione di nave. La definizione di nave prevista dal “SalvaMare” non è precisa in quanto la lettera “h” definisce la nave con il termine “imbarcazione”; come noto nel gergo nautico il termine imbarcazione comprende le sole unità tra i 10 e i 24 metri mentre le navi sono le unità di grandezza superiore a 24 metri; ove inferiore a 9 metri l’unità prenderà il nome di natante. La nozione di nave, presente nella norma, deve quindi essere interpretata in modo più ampio possibile comprendendo natanti, imbarcazioni e natanti].

i) Porto – ogni luogo in cui sono stati apportati gli interventi necessari per consentire alle navi di attraccare. [La presente definizione è riduttiva in quanto volta a comprendere solamente i porti di costruzione artificiale. Infatti, la dottrina identifica come porto “ogni specchio acqueo artificialmente o naturalmente riparato e, pertanto, idoneo ad agevolare l’approdo o la partenza delle navi” (A. FIALE, M. GRIMALDI – Manuale del diritto della navigazione marittima, interna e aerea p. 47). I porti nel nostro ordinamento rientrano nel c.d demanio artificiale ex art. 822 c.c.]. 

Art. 2 – “modalità di gestione dei rifiuti accidentalmente pescati

Come da rubrica il presente articolo tratta del tema dei rifiuti accidentalmente pescati, già definiti dal precedente art. 1, co. 2, lett. a):

Al primo comma la norma precisa che rientrano in questa categoria [oltre a quanto indicato nell’art. 1, co. 2, lett. a] anche i “rifiuti delle navi” ex art. 2, punto 3, della direttiva UE/2019/883 [“tutti i rifiuti, compresi i residui del carico, prodotti durante le operazioni di servizio di una nave o durante le operazioni di carico, scarico e pulizia, e che rientrano nell’ambito di applicazione degli allegati I, II, IV, V e VI della convenzione MARPOL, nonché i rifiuti accidentalmente pescati”].

Continua il secondo comma prevedendo che tali attività possono essere compiute anche da soggetti non necessariamente iscritti nell’albo nazionale dei gestori ambientali previsto dall’art. 212 del codice dell’ambiente.

Il successivo terzo comma precisa che i rifiuti, così raccolti dalle navi, giunti nel porto a seguito dell’ormeggio devono essere collocati in uno specifico impianto di raccolta (ex art. n. 4 Dlgs 197/2021). I Comuni devono quindi predisporre specifiche strutture di raccolta, anche temporanee, in prossimità degli ormeggi.

Ai sensi del quarto comma, nel caso di attracco ad un porto di piccole dimensioni, oppure caratterizzato da un traffico sporadico o scarso da imbarcazioni da diporto, il Comandante della nave dovrà conferire i rifiuti raccolti agli impianti di raccolta integrati nel sistema comunale di gestione dei rifiuti.

Il quinto comma precisa che il conferimento dei rifiuti è gratuito per il conferente e che si configura quale deposito temporaneo di prima raccolta ex art. 185 del codice dell’ambiente di un rifiuto ex art. 183 co. 1 lett. bis) del codice dell’ambiente [rifiuto non pericoloso].

Il sesto comma introduce il comma 6 bis all’art. 183 del codice dell’ambiente prevedendo l’inserimento dei rifiuti accidentalmente pescati all’interno del codice dell’ambiente.

Il settimo e l’ottavo comma incidono sotto il profilo tributario prevedendo l’introduzione, di una nuova tassazione che si aggiungerà alla tassa sui rifiuti di cui all’art. 1, co. 639 (c.d. TARI) e 668 (“tariffa avente natura corrispettiva, in luogo della TARI”), l. 147/2013. Spetterà all’Autorità di regolazione dell’energia disciplinare i criteri e le modalità per la definizione di questi nuovi tributi. La medesima autorità dovrà inoltre vigilare sul corretto utilizzo delle risorse ottenute tramite tale tassazione.

Il nono comma dispone che tramite apposito Decreto Ministeriale, adottato (entro quattro mesi dall’entrata in vigore della presente legge) dal Ministero delle polite agricole alimentari e forestali di concerto con il Ministero della transizione ecologica, verranno fissate le misure premiali nei confronti di coloro raccolgono, e conducono nei luoghi di smaltimento, i rifiuti accidentalmente pescati.

Art. 3 – “campagna di pulizia

Il primo comma della norma precisa che le attività di raccolta dei rifiuti non devono interferire con le funzioni ecosistemiche dei corpi idrici.

Le campagne di pulizia potranno essere organizzate su iniziativa dell’autorità competente ovvero tramite istanza presentata dal privato all’autorità competente secondo le specifiche modalità che verranno individuate con Decreto Ministeriale adottato (entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge) di concerto dal Ministero delle polite agricole alimentari e forestali e dal Ministero della transizione ecologica previo parere della Conferenza permanente Stato e Regioni.

Il secondo comma precisa che nell’attesa che venga emanato il Decreto Ministeriale di cui al primo comma l’attività può essere già iniziata trascorsi trenta giorni dalla presentazione dell’istanza all’autorità competente. Ove non sussistono i presupposti per intraprendere queste attività l’amministrazione competente potrà adottare motivati provvedimenti al fine di impedirne l’inizio o la prosecuzione [in questo caso trattandosi di iniziative ad istanza di parte l’Amministrazione ex art. 10 bis LPA avrà il compito di indicare all’istante come regolarizzare la domanda e solo in seguito rigettarla].

Il terzo comma precisa che possono essere promotori delle campagne di pulizia determinati soggetti.
Il “SalvaMare” elenca:
– gli enti gestori delle aree protette;
– le associazioni ambientaliste; le associazioni di pescatori;
– le cooperative e imprese di pesca nonché i loro consorzi;
– le associazioni di pescatori sportive e ricreative;
– le associazioni di subacquei e diportisti;
– le associazioni di categoria;
– i centri di immersione e di addestramento subacqueo nonché i gestori di stabilimenti balneari.

Possono essere ugualmente promotori:
– gli enti del Terzo settore;
– le ONLUS;
– le associazioni di promozione sociale;
– le fondazioni e le associazioni con finalità di promozione, tutela e salvaguardia dei beni naturali e ambientali.

Gli enti gestori di aree protette possono realizzare con i rappresentati di imprenditori ittici iniziative di comunicazione pubblica e di educazione ambientale.

Art. 4 – “promozione dell’economia circolale

Il presente articolo mira a promuovere il riciclaggio dei rifiuti prevedendo l’emanazione (entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge) di un apposito Decreto Ministeriale del Ministero della transizione ecologica in cui verranno precisate le modalità in forza delle quali i rifiuti accidentalmente e volontariamente raccolti (ex art. 1 co. 2 lett. a e b del “SalvaMare”), a seguito di operazioni di riciclo, verranno riutilizzati/reimpiegati [c.d. economia circolare].

Art. 5 – “norme in materia di gestione delle biomasse vegetali spiaggiate

Il primo comma della norma, al fine di tutelare l’ecosistema acquatico, prevede la reimmissione nelle acque delle biomasse vegetali [nello specifico sono contemplate le alghe o le piante] tramite il loro riaffondamento in mare o il trasferimento delle stesse nell’area retrodunale o in altre zone comunque appratenti alla stessa area fisiografia.

La norma specifica come queste operazioni dovranno essere compiute separando, ove possibile, la sabbia dalle biomasse e dai rifiuti in modo da poterla destinare all’eventuale ripascimento dell’arenile.

Sarà compito dell’Autorità Competente verificare se sussistono le condizioni per escludere il materiale sabbioso dai rifiuti e se esso può:

venire recuperato nell’ambito di operazionimediante il trattamento di cui al codice R10 dell’allegato C del codice dell’ambiente [Spandimento sul suolo a beneficio dell’agricoltura o dell’ecologia];

– essere qualificato come sottoprodottoex art. 184 bis del codice dell’ambiente[“sostanza che, pur non costituendo lo scopo primario della produzione un’impresa mira comunque a sfruttare e commercializzare a condizioni a lei favorevoli in un processo successivo senza operare trasformazione preliminari”(punto 34 sent. Palin Granit Oy e Vehmassalon kansanterveystyön kuntayhtymän hallitus, C-9/00ECLI:EU:C:2002:232”].

La norma prevede che le Amministrazioni provvederanno a compiere tali attività impiegando le risorse umane e finanziarie disponibili in modo da non imporre maggiori oneri per la collettività.

Art. 6 – “misure per la raccolta dei rifiuti galleggianti nei fiumi

Il “SalvaMare” prevede che le Autorità di bacino distrettuali introdurranno nei loro atti pianificatori misure sperimentali volte alla cattura dei rifiuti galleggiabili.

I commi due e tre precisano che il Ministero della transazione economica darà luogo ad un programma sperimentale per compiere il recupero delle plastiche anche tramite strumenti galleggianti; per compiere queste attività verrà destinata una somma fissata in 2 milioni di euro per ciascuno gli anni 2022, 2023 e 2024.

Art. 7 – “attività di monitoraggio e controllo dell’ambiente

Il “SalvaMare” impone che verranno compiute operazioni volte a vigilare lo stato delle acque e dei fondali. Queste operazioni, dovranno essere compite in conformità di quanto verrà disposto nelle linee guida indicate dal Decreto Ministeriale che verrà adottato (entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge) di concerto tra il Ministero della transizione ecologica ed il Ministero delle infrastrutture previo parere dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (c.d. ISPRA) e sentito il Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto.

Tali operazioni non devono comportare maggiori oneri per la finanza pubblica.

Art. 8 – “campagna di sensibilizzazione

La norma prevede l’introduzione di specifiche campagne volte a sensibilizzare la collettività sull’importanza del patrimonio acquatico. Specifiche campagne potranno essere intraprese da parte delle Autorità di Sistema portuale nei confronti dei pescatori e agli operatori del settore acquatico.

Queste operazioni non possono comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica in quanto l’amministrazione portuale dovrà provvedere solamente in forza delle risorse umane e finanziare disponibili.

Art. 9 – “educazione nelle scuole per la salvaguardia dell’ambiente

Al fine di effettuare un’attività di sensibilizzazione maggiore la legge prevede che il tema della tutela delle risorse acquatiche venga affrontato nelle scuole durante le ore adibite all’insegnamento dell’educazione civica.

Art. 10 – “modifica dell’art. 52 del codice della nautica da diporto

L’articolo introduce nell’art. 52 del codice della nautica da diporto [norma rubricata “educazione marinesca”] l’inciso « , anche in riferimento alle misure per prevenire e contrastare l’abbandono dei rifiuti in mare ».

Art. 11 – “materiali di ridotto impatto ambientale. Riconoscimento ambientale

La norma, in una logica premiale, attribuisce agli imprenditori ittici che fanno uso di strumenti di ridotto impatto ambientale un riconoscimento volto ad attestare l’impiego per il rispetto dell’ambiente e la sostenibilità dell’attività di pesca.

Ai sensi del secondo comma è prevista l’emanazione (entro dodici mesi dall’entrata in vigore della presente legge) di un apposito Decreto Ministeriale adottato di concerto dal Ministero della transizione ecologica e dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali volto a disciplinare le procedure, le modalità e le condizioni per l’attribuzione del riconoscimento previsto dal primo comma.

Il terzo comma prevede un ulteriore sistema premiale in quanto prevede un particolare riconoscimento ai possessori di imbarcazioni che svolgono, anche non abitualmente, attività di recupero di rifiuti in acqua.

Art. 12 – “criteri per la disciplina degli impianti di desalinizzazione

La norma prevede l’introduzione di un apposto Decreto Ministeriale adottato (entro 180 giorni dell’entrata in vigore della legge) dal Ministero della transizione ecologica volto a definire e regolare gli scarichi di tali impianti ad integrazione di quanto già previsto nell’allegato 5 alla parte terza del codice dell’ambiente (limiti di emissione degli scarichi idrici).

A detta del “SalvaMare” gli impianti di desalinizzazione per il consumo umano possono essere utilizzati:

a) in situazione di carenza idrica purché in mancanza di fonti idrico potabili alternative economicamente sostenibili.

b) se viene dimostrato che gli interventi siano opportuni per ridurre le perdite della rete degli acquedotti e la razionalizzazione dell’uso della risorsa idrica come previsto dalla pianificazione di settore.

c) nei casi in cui gli impianti siano previsti nei piani di settore in materia di acqua e in particolare nel piano tenuto conto dei costi-benefici.

Il “SalvaMare” prevede anche l’emanazione di un apposito Decreto Ministeriale adottato (entro 180 giorni dall’entrata in vigore della presente legge) dal Ministero della transizione ecologica di concerto con il Ministero della Salute in cui verranno definiti i criteri di indirizzo nazionali per l’analisi dei rischi ambientali e sanitari correlati agli impianti di desalinizzazione nonché le soglie di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale (c.d. VIA).

Per espressa previsione della norma sono esclusi dal campo di applicazione del presente articolo gli impianti di desalinizzazione installati a bordo delle navi (ex art. 136 c nav).

Art. 13 – “termine per l’emanazione del decreto previsto dall’art. 111 del codice dell’ambiente

La legge prevede che entro sei mesi dall’entrata della legge verrà emanato un apposto decreto come già previsto dall’art. 111 del codice dell’ambiente (norma rubricata “impianti di acquacoltura e piscicoltura – 1. “Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle politiche agricole e forestali, delle infrastrutture e dei trasporti e delle attività produttive, e previa intesa con Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati i criteri relativi al contenimento dell’impatto sull’ambiente derivante dalle attività di acquacoltura e di piscicoltura”).

Art. 14 – “tavolo interministeriale di consultazione permanente

Al fine di combattere l’inquinamento e ottimizzare l’attività di pesca è prevista l’introduzione di un apposito tavolo interministeriale (c.d. tavolo interministeriale permanente). Esso, a norma del secondo comma, si riunirà due volte all’anno ed è presieduto dal Ministro per la transizione ecologica o in sua assenza da un suo delegato. Il tavolo sarà composto anche da 29 componenti, ossia:

tre rappresentati del Ministero della transizione ecologica;

un rappresentante del Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali;

un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico;

cinque rappresentanti del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente (di cui due nominati dall’ISPRA);

un rappresentante del CNR (comitato nazionale delle ricerche);

un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e mobilità sostenibili;

due rappresentanti del Comando genarle della Capitanerie di porto;

cinque rappresentanti degli enti gestori delle aree marine protette;

tre rappresentanti delle Regioni;

tre rappresentanti delle cooperative di pesca;

due delle imprese di pesce;

due dai rappresentanti delle imprese di acquacolture, un rappresentante della Conferenza nazionale di coordinamento delle Autorità di sistema portuale.

La norma precisa al terzo comma che possono comunque essere invitati anche altri soggetti purché ritenuti portatori di particolari interessi che devono essere ascoltati. Gli eventuali partecipanti possono essere maggiori dei 29 che compongono il tavolo.

La partecipazione al tavolo, non comporta l’elargizione di compensi, gettoni di presenza, rimborsi spese o altri emolumenti e non deve portare a maggiori spese per la finanzia pubblica.

Art. 15 – “Relazione alle camere

La legge dispone che il Ministro della transizione ecologica deve, entro il 31 dicembre di ogni anno, presentare una relazione sull’attuazione della presente legge.

Art. 16 – “Clausola di invarianza finanziaria

La presente norma impone che dall’attuazione della legge non devono derivare maggiori oneri per la spesa pubblica. Le amministrazioni provvedono alle attività previste senza impiegare nuove risorse finanziare o umane.

di:
Avv. Lorenzo Marranci – Avvocato presso Rocchi&Avvocati

La fortuna di mare

PREMESSA

Il termine “fortuna di mare” può farci immaginare l’avverarsi di un evento propizio (come una situazione di vento ideale per la navigazione) oppure il ritrovamento di un ricco tesoro (come nell’opera di Dumas il Conte di Montecristo).

Nella nautica e nel mondo del diritto questo termine assume un significato opposto.

Il termine fortuna di mare è utilizzato per identificare tutte le conseguenze dannose o pericolose che possono avvenire nel corso della navigazione. Lo stesso termine nautico “fortunale” (vento con forza 11 sulla scala di Beaufort) è utilizzato per definire le perturbazioni atmosferiche di intensità molto alta e quindi capaci di provocare gravi danni agli edifici costieri e alle navi presenti in acqua.

Per quanto riguarda i due esempi precedentemente effettuati:

– L’evento propizio non ha regolazione giuridica in quanto il diritto regola i problemi e non gli aspetti completamente privi di insidie.

– In riferimento al ritrovamento del tesoro si applicherà quanto previsto dall’art. 927 – 929 c.c. norme che regolano la disciplina giuridica dei ritrovamenti delle cose. Tuttavia se la res ritrovata presenta valore storico artistico o culturale (c.d. bene culturale) si applicheranno le disposizioni di cui agli artt. 90 – 93 del Codice dei beni culturali.

LA FORTUNA DI MARE – ASPETTI GIURIDICI

Dal punto di vista giuridico la fortuna di mare è regolata, da tre articoli del codice della navigazione: l’art. 391 c. nav. (norma rubricata “impedimento temporaneo), l’art. 422 c. nav. (norma rubricata “responsabilità del vettore”) e l’art. 521 c. nav. (norma rubricata “rischi della navigazione”).

Siccome la fortuna di mare rappresenta un evento infausto, la sua regolazione giuridica rileva al fine di disciplinare le responsabilità per eventuali danni (artt. 391 e 422 c. nav.) oppure in materia di contratti di assicurazione (art. 521 c. nav.)

Data la portata internazionale del diritto della navigazione si offre un’analisi anche di quanto previsto in tema di fortuna di mare nei Paesi di Common law.

Dal punto di vista del diritto interno:

1) art. 521 c. nav.

L’art. 521 c. nav., tratta indirettamente del tema della “fortuna di mare”. La norma presenta un elenco di eventi nefasti: “tempesta, naufragio, investimento, urto, getto, esplosione, incendio, pirateria, saccheggio ed in genere [per] tutti gli accidenti della navigazione”.

In relazione alle tempeste è necessario un ulteriore chiarimento: non ogni tempesta può essere intesa come fortuna di mare; possono rientrare nel novero delle fortune di mare le onde ed i venti di intensità tale “da essere invincibili, per la loro violenza, dalle difese del personale di bordo” (c.d.a Messina 1980). Secondo la giurisprudenza i venti devono essere superiori di forza superiore a 7 sulla scala di Beaufort – c.d. vento forte (Cass. Sent. n. 5123/95). 

L’art. 521 c. nav. non offre quindi una definizione di fortuna di mare ma effettua un elenco di singole “fortune”. L’elenco di accadimenti indicati dall’art. 521 c. nav. riprende quanto indicato dall’art. IV, par. 2, della Convenzione di Bruxelles del 1924 sull’unificazione delle regole in materia di polizza di carico (c.d. Regole dell’Aja). L’art. IV, par. 2, della convenzione di Bruxelles identifica nelle lettere a) – q) diciassette casi di “pericoli” cui una nave può incorrere.

In presenza degli eventi descritti dall’art. 521 c. nav. l’assicuratore è tenuto ad indennizzare l’assicurato per i danni subiti. Tuttavia sarà a carico dell’assicurato dimostrare il nesso tra il danno subito (danni alla nave) e l’evento nefasto (fortuna di mare). In particolare modo dovrà essere dimostrato che prima dell’avverarsi della fortuna di mare la nave non presentava danni. Oppure il danneggiato dovrà fornire prova che il danno subito sia derivato da uno degli eventi coperti dall’assicurazione.

Al contrario spetterà all’altro soggetto – l’assicuratore – dimostrare l’esistenza di fatti modificativi, impeditivi e estintivi (cioè l’esistenza dei fatti che negano le pretese della controparte).

Tutto ciò alla luce di quanto disposto dall’art. 2697 c.c. (c.d. onere della prova sostanziale) in forza del quale “chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento”. La norma continua al secondo comma illustrando che “chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda”.

2) art. 422 c. nav.

L’art. 422 c. nav., norma in tema di contratto di trasporto di cose (artt. 419 – 438 c. nav.), prevede un riferimento esplicito al tema della fortuna di mare: il presente articolo stabilisce (al primo comma) la responsabilità del vettore per i danni arrecati alle cose caricate a bordo. Spetterà quindi a quest’ultimo risarcire gli eventuali danni.

In forza del principio, sopra illustrato, dell’onere della prova ex art. 2697 c.c., è a carico dell’avente diritto alla riconsegna delle cose caricate a bordo provare e dimostrare che il danno sia derivato da colpa del vettore o dei membri dell’equipaggio.

Tuttavia, continua l’art. 422, al secondo comma, prevedendo che se i danni sono derivati da fortuna di mareoppure incendio non determinato da colpa del vettore pirateria, fatti di guerra, sommosse e rivolgimenti civili, provvedimenti di autorità di diritto o di fatto, anche a scopo sanitario, sequestri giudiziari, scioperi o serrate, impedimenti al lavoro generali o parziali, atti o tentativi di assistenza o salvataggio ovvero deviazione del viaggio fatta a tale scopo, cattivo stivaggio, vizio proprio della merce, calo di volume o di peso, insufficienza degli imballaggi, insufficienza o imperfezione delle marche, atti od omissioni in genere del caricatore o dei suoi dipendenti o prepostila responsabilità del vettore è esclusa.

3) art. 391 c. nav.

L’art. 391 c. nav., rientra nel novero delle disposizioni, previste dal nostro codice della navigazione, in tema di contratti di noleggio (artt. 384 – 395 c. nav.).

Essa prevede che il nolo a tempo (ossia il corrispettivo per il noleggio della nave, in questo caso definito “time charter”) non è dovuto qualora venga dimostrato che la nave non è stata utilizzata per causa non imputabile al noleggiatore. Tuttavia, il nolo, seppure ridotto in proporzione al tempo di inutilizzazione del bene noleggiato, è invece dovuto se l’impossibilità di utilizzare la nave è dovuta da fortuna di mare [oppure “per accidente subito dal carico, ovvero per provvedimento di autorità nazionale o straniera”] (391, co. 2, c. nav.).

4) La prospettiva comparata

Anche i Paesi di common law riconoscono l’esistenza delle fortune di mare.

In questi Stati, tali eventi dannosi vengono definiti come “perils of the sea”, termine letteralmente traducibile come “pericoli del mare”.

Ai perlis of the sea vengono contrapposti i c.d. “act of God” traducibili come “atti di Dio” o come casi di forza maggiore.

• I perlis of the sea corrispondo a quanto indicato nella lettera c) della Convenzione di Bruxelles cioè i casi di “rischi, pericoli e infortuni in mare o di altre acque navigabili”.

• Gli act of God trovano disciplina nella lettera d) della stessa Convenzione di Bruxelles cioè “forza maggiore (atto di Dio)”. Il presente termine (previsto nel nostro ordinamento all’art. 45 c.p.) è utilizzato per identificare tutti gli eventi irresistibili, improvvisi ed inevitabili causati dalle forze naturali e non dall’agire dell’uomo.

Proprio per questa ripartizione e distinzione tra perlis of the sea e act of God la nostra giurisprudenza nega una equiparazione tra i perlis of the sea e le fortune di mare (sul punto la già citata Cass. Sent. n. 5123/95). Quindi, alla luce della giurisprudenza citata, la definizione dei perlis of the sea deve essere ricavata dalla prassi di tali Paesi.

La nozione di perlis of the sea è andata ad espandersi non comprendendo le sole ipotesi indicate dalla lettera c) dell’art. IV par 2 della Convenzione di Bruxelles.

 Secondo al dottrina anglo-americana vi rientrano anche i seguenti ulteriori eventi:

 “foundering” (naufragio) – Quando la nave non arriva al luogo di destinazione e non si hanno più sue notizie. In questi casi si realizza una presunzione di naufragio (previsione simile a quanto previsto dal nostro art. 58 c.c. ove si presume la morte di una persona se non si hanno più sue notizie per oltre dieci anni).

ship wreck” (distruzione) – Quando si verifica un qualsiasi evento che possa portare alla distruzione o a gravi danni della nave (es. collisione con uno scoglio purché non volontario).

stranding” (spiaggiamento) – Quando la nave subisce gravi danni alla carena o ad altre sue parti a seguito dell’incagliamento in acque basse o nella costa. Per rientrare nel novero dei perils of the sea lo “stranding” non deve essere volontario ma cagionato dal moto ondoso.

collission” (urto) – in questo caso si dovrà tenere conto di quanto indicato dalla convenzione di Bruxelles del 1910 sull’urto tra navi. La convenzione riconosce tre tipologie di collisioni: quelli derivanti da caso fortuito o forza maggiore ex art. 2 (corrispondenti ad act of God), da colpa ex art. 3 e da concorso di colpa ex art. 4.

fire” (incendio a bordo) Il fuoco costituisce uno dei pericoli più frequenti a bordo delle navi. Non ogni incendio può rientrare nel novero dei perils of the sea. Vi rientrano solamente gli incendi che non costituiscono una conseguenza di difetti di costruzione o di usura della nave (i danni da usura non sono “perils”).

enemies” (danni da cattura) – ipotesi che oggi generalmente si realizza come conseguenza di atti di pirateria.

breakage of goods” (danni alla merce caricata) – Generalmente i danni provocati alla merce a bordo sono a carico del vettore (come indicato dall’art. 422 c. nav.). Tuttavia, se viene dimostrato che i danni sono stati arrecati dal moto ondoso particolarmente forte allora verrà esclusa ogni responsabilità a suo carico.

Come nel nostro Paese spetterà al richiedente fornire la prova che il danno è stato cagionato da un “peril”. La scelta di attribuire a questo soggetto l’onere della prova deriva dal fatto che è il richiedente (generalmente il proprietario della nave) a disporre di tutte le informazioni relative sullo stato e sul funzionamento del suo bene. Inoltre, in quanto presente al momento del “peril” è proprio il richiedente l’unico soggetto ad essere in grado di documentare l’esistenza e la pericolosità dell’evento infausto subito.

di:
Avv. Lorenzo Marranci – Avvocato presso Rocchi&Avvocati

Le navi drone

PREMESSA

La tecnologia sta facendo progressi significativi: meno di 150 anni fa erano stati realizzati i primi veicoli a motore. Queste creazioni, oltre a portare significativi vantaggi alle persone dell’epoca, hanno aperto nell’immaginario collettivo qualcosa di più grande.

L’uomo, in quanto sognatore, si era già allora – nei romanzi di fantascienza – immaginato i possibili futuri sviluppi di queste creazioni fino ad idealizzare veicoli in grado di operare senza l’ausilio dell’uomo.

Altri autori avevano immaginato le possibili leggi che queste macchine (nello specifico i robot) devono rispettare. Lo scrittore Isaac Asimov aveva coniato tre regole denominate leggi della robotica che affermavano come una macchina:

I – non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno.

II – deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non vadano in contrasto alla Prima Legge.

III – deve proteggere la propria esistenza, purché la salvaguardia di essa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge”

Questi fantascientifici traguardi non possono dirsi raggiunti oggi; sebbene lo sviluppo delle nostre tecnologie è tale da permettere la creazione di alcune “sperimentazioni” di mezzi privi di guida umana. Secondo alcune ricerche scientifiche nel prossimo decennio mezzi automatizzati potranno essere realtà.

Nave drone Protector – utilizzata per scopi militari e di protezione dal terrorismo

Concentrandosi esclusivamente sui mezzi nautici, le navi prive di guida umana vengono definite “navi drone”.

Originariamente sono state create per finalità militari (es. la nave Protector) ma nel corso degli anni sono stati realizzati progetti di navi anche per altre utilizzazioni.

Trattandosi di sperimentazioni la loro autonomia dall’uomo è praticamente limitata e non sono in grado di rispettare “leggi” come quelle coniate da Isaac Asimov.

NAVI DRONE – precisazioni terminologiche

Oltre alla classica e più semplice denominazione “nave drone” esistono denominazioni più specifiche:

“USV” (Unmanned Surface Vehicles) – traducibile come veicoli che stanno sopra la superficie terrestre privi di guida umana

Questa definizione presenta un problema: il termine “vehicle” è altamente generico e può riferirsi ad ogni mezzo quindi anche a navi ed aerei.

Autonomous ships – traducibile come navi autonome

Il problema di questa definizione è che comprende solo le navi prive di guida umana; non rientrano in questa definizione le navi pilotate da remoto.

“MASS” (Maritime Autonomous Surface Ships) – elaborazione dell’IMO (International Maritime Organization) nel corso del progetto MASS. Esse sono definite come navi, di qualsiasi dimensione, in grado di operare anche se prive dell’intervento dell’uomo.

Le MASS si distinguono in quattro gradi a seconda del loro livello di indipendenza dall’uomo.

“MUNIN” (Maritime Unmanned Navigation through Intelligence in Networks) progetto della Commissione Europea tra il 2015 e 2017. Lo scopo di questo progetto è quello di realizzare navi capaci di essere pilotate in modo totalmente autonomo.

Sea Hunter – nave drone statunitense

CRITICITÀ GIURIDICHE

Indipendentemente da come vogliamo chiamarle le navi drone – seppure non sviluppate come nella fantascienza – potranno dare luogo a varie problematicità giuridiche.

In alcuni casi sarà necessario effettuare intere rivoluzioni delle norme oggi vigenti.

Le criticità potranno essere molteplici

DIRITTO DI ROTTA E NAVI DRONE

Il c.d. COLREG 72 disciplina il diritto rotta, ossia le regole che i marittimi devono rispettare in mare. Le regole 13-18 trattano del tema delle precedenze navali. Con l’avvento delle navi drone sarà necessario regolare la loro circolazione e nello specifico, trattandosi di mezzi privi di guida umana si ipotizza che:

abbiano sempre la precedenza.

Il mare è un luogo pieno di insidie sia provocate dalla natura (tempeste) che dall’uomo (marittimi inesperti o non diligenti che non rispettano le regole). Sicuramente i sistemi per quanto evoluti non saranno in grado – almeno adesso – di superare queste avversità

siano munite di segni distintivi o particolari luci per riconoscercele.

In quanto mezzi privi di guida umana sarà necessario che esse siano di facile identificazione

LAVORO NAUTICO

Le navi drone rivoluzioneranno il sistema del lavoro nautico. Tutte le rivoluzioni portano con sé cambiamenti. Il cambiamento in questo caso sarà una riduzione del personale a bordo delle navi e in alcuni casi alla totale assenza dell’equipaggio.

La macchina però non sostituirà completamente l’uomo perché i marittimi saranno necessari per controllare il corretto andamento della nave (da remoto o a bordo) oppure per svolgere attività di carico o scarico nei porti.

Per questi marittimi non vi saranno grosse differenze rispetto alle norme oggi vigenti (solvo futuri cambiamenti).

 Per identificare la legge che disciplinerà i rapporti di lavoro o quale sarà il giudice competente per regolare le controversie di lavoro dovremo tenere conto delle norme di diritto internazionale privato (artt. 8 reg. Roma I e 21 Bruxelles I bis)

Yara Birkeland – enorme nave container di oltre 120 TUE

DANNI CAGIONATI DALLE NAVI DRONE

In caso di danni cagionati da navi drone, salvo l’introduzione di future norme specifiche, si dovrà tenere conto di quanto disposto dalla convenzione di Bruxelles del 1910 in materia di urti tra navi. La convenzione identifica tre tipologie di danni:

• caso fortuito o forza maggiore (art. 2) – i danni restano a carico di chi li ha subiti

• colpa (art. 3) – i danni sono a carico di chi li ha commessi

• concorso di colpa (art. 4) – le responsabilità per i danni sono divise in parti uguali

In caso di danni sono anche applicabili – tra gli Stati membri dell’U.E. – le disposizioni di matrice europea (art. 4 reg. Roma II) che prevedono come si applica la legge del luogo in cui:

• il danno si è verificato

• le parti risiedono

• la fattispecie presenta il collegamento più stretto

Nel diritto italiano trattandosi di “cose in custodia” ex art. 2051 c.c. la responsabilità per i danni cagionati dalle navi drone sarà a carico del custode (es proprietario della nave) a meno che non venga dimostrata una specifica responsabilità (es. difetto di software o danni arrecati da un particolare soggetto)

NAVI DRONE E RISPETTO DELL’AMBIENTE

Trattandosi di mezzi altamente evoluti le navi drone dovranno essere a 0 o basse emissioni di Co2. Le recenti modifiche alla convenzione MARPOL – risoluzione MEPC.328(76) Energy Efficiency Existing Ship Index” (“EEXI”) – impongono significative riduzioni delle emissioni di anidride carbonica per le navi con stazza lorda pari o superiore a 400 tonnellate a partire già da novembre 2022.

Le navi drone di queste dimensioni dovranno rispettare tali paramenti.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia alla mia ricerca sul tema delle navi drone consultabile in lingua italiana oppure in inglese.

di:
Avv. Lorenzo Marranci – Avvocato presso Rocchi & Avvocati

La procedura di dismissione della bandiera

PREMESSA

Per cercare di porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina i Paesi occidentali stanno adottando misure volte a congelare i beni degli oligarchi russi (al presente link abbiamo chiarito la natura giuridica di queste misure).

Per superare gli effetti dannosi di queste misure molti armatori russi stanno mettendo in atto particolari “escamotages” volti a nascondere ogni loro legame con la Russia. La principale misura adottata consistite nel cambiare la bandiera delle loro navi (c.d. “dismissione della bandiera”). In questo modo, dimostrando che la nave non è di nazionalità russa, molte compagne sono riuscite a liberarsi dalle sanzioni inflitte.

Nel mese di marzo, anticipando l’irrogazione delle prime sanzioni, si sono registrati in tutto il mondo numerosi episodi di navi russe che hanno “dismesso” la loro bandiera. Tutto ciò conferma che non stiamo parlando di rari o sporadici episodi.

Anche se il principale scopo di queste procedure è quello di evitare sanzioni da parte dei Paesi occidentali, il cambio di bandiera non ha solo una finalità elusiva. Molteplici sono gli eventi che possono spingere il proprietario della nave a cambiare la bandiera.

Le ragioni possono essere:

• di carattere economico/fiscale. Frequenti sono i casi di iscrizioni nei registri di Stati quali Panama o la Liberia (c.d. bandiere ombra).

• la conseguenza della vendita ad un cittadino residente in uno Stato diverso

• di natura strettamente morale, come ad esempio nell’esigenza di evitare che la nave abbia un qualsiasi legame con uno Stato (altra ragione che spinge a dismettere la bandiera russa – c.d. “cancel culture”)

Il cambio della bandiera è un’attività lecita e di frequente applicazione negli affari commerciali. Essa è esplicitamente normata dal nostro codice della navigazione.

LA BANDIERA

La bandiera è uno degli elementi che identificano la nave. Essa costituisce il c.d. “genuine link” (legame sostanziale) che unisce la nave allo Stato cui batte la bandiera (art. 91 UNCLOS – convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare o convenzione di Montego Ba).

In passato si affermava che le navi costituivano parte del territorio dello Stato della bandiera indipendentemente dal luogo ove si trovavano con la conseguenza di essere sottoposte sempre alla giurisdizione e alla legge di quello Stato.

Col passare degli anni questo principio è andato ad attenuarsi restando operativo solo per particolari tipologie di navi, quali ad esempio quelle da guerra. Infatti, alla luce di quanto affermato dalla convenzione UNCLOS la nave, indipendentemente dalla bandiera, è sempre soggetta alla legge ed alla giurisdizione dello Stato costiero. Solo nel c.d. alto mare il principio del genuine link torna ad essere operativo.

La bandiera ha oggi lo scopo di indentificare la nazionalità della nave. In questo modo la nave sarà soggetta al particolare regime tributario dello Stato della bandiera.

Oltre a svolgere un fine identificativo, la registrazione ha un ulteriore scopo: per il tramite dell’apposita registrazione nelle modalità ex art. 146 c. nav. (le navi rientrano nella categoria dei c.d. beni mobili registrati) la nave potrà essere abilitata alla navigazione.

LA PROCEDURA PER CAMBIARE BANDIERA – c.d. dismissione

Per quanto riguarda il nostro Paese, per poter ottenere il cambio della bandiera è necessario fare richiesta all’amministrazione territorialmente competente e presentare richiesta per ottenere la dismissione della bandiera secondo quanto indicato dall’art. 156 c. nav.

La procedura di dismissione si distingue da quella dalla cancellazione dagli appositi registri in cui è iscritta. La differenza deriva dal fatto che i casi di cancellazione sono tassativi (art. 163 lett. a-d c. nav.) e per il fatto che essa ha natura essenzialmente amministrativa. La cancellazione non influisce sui diritti reali e di garanzia gravanti sul bene. Le ipotesi di cancellazione contemplate nel codice della navigazione sono:

• perimento – cioè venire meno degli elementi essenziali che contraddistinguono una nave. In questi casi la nave non ha più le caratteristiche di “costruzione adibita al trasporto per acqua” (art. 136 c. nav.)

• demolizione – operazione volta a distruggere la nave. La demolizione può essere volontaria (voluta dal proprietario – art. 160 c. nav.) o coattiva (imposta a seguito della perdita delle caratteristiche cui la nave è destinata – art. 161 c. nav.).

• perdita dei requisiti di nazionalità – venire meno dei requisiti indicati dall’art. 143 c. nav.: una nave è considerata italiana (batte la nostra bandiera) se appartiene per quota superiore a 12 carati ad una persona fisica o giuridica italiana oppure, pur di proprietà straniera, se gestita da una persona fisica o giuridica italiana.

• iscrizione in un registro straniero – iscrivere la nave in un registro straniero comporta la cancellazione dai nostri registri.

Una volta presentata la richiesta di dismissione segue un periodo di sessanta giorni ove gli interessati (es. un parente contrario al cambio della bandiera oppure un creditore che teme di vedere persa la nave) possono presentare opposizione. La dismissione potrà avvenire solamente una volta decorso questo termine di sessanta giorni e purché non sia stata presentata opposizione.

Per ragioni di urgenza il proprietario della nave può fare richiesta affinché la procedura di dismissione si concluda prima della scadenza di tale termine. Questa richiesta potrà essere concessa se non sono gravanti crediti o garanzie sulla nave e al deposito di una fideiussione bancaria a garanzia di eventuali diritti non trascritti pari al valore della nave.

Conclusa la procedura, se nulla osta alla richiesta del proprietario della nave l’Amministrazione procede alla cancellazione della nave dal registro ove è iscritta, ritira i documenti di bordo e dispone la dismissione della bandiera.

A questo punto si potrà procedere all’iscrizione della nave in un nuovo registro. Esso potrà essere di un altro Stato U.E. o di uno Stato extra U.E.. Occorre prestare attenzione al luogo in cui volgiamo iscrivere la nave in quanto molti Stati concedono questa richiesta solo ai cittadini residenti.

 Il nostro Paese impone ad esempio non solo la residenza italiana ma addirittura che il richiedente o il rappresentante designato sia residente nel luogo in cui si trova l’ufficio ove vogliamo iscrivere la nave (art. 147 c nav.).

Anche nel caso trattasi di navi adibite alla navigazione da diporto la residenza italiana è necessaria. Il richiedente – se non di nazionalità italiana – potrà procedere all’iscrizione nei nostri registri tramite elezione di domicilio presso l’Autorità Consolare dello Stato di appartenenza oppure tramite designazione di un proprio rappresentante che sia regolarmente domiciliato in Italia (art. 18 del Dlgs 171/2005 – codice della nautica da diporto).

Le navi adibite alla navigazione da diporto sono sottoposte ad un particolare procedura per ottenere la dismissione della bandiera (art. 21 Dlgs 171/2005). La procedura si distingue da quella prevista dal codice della navigazione.

Diversa è anche la modalità di iscrizione di queste navi negli appositi registri. Queste navi non sono iscritte nei registri ex art. 146 c. nav.. Il registro per queste tipologie di navi è l’ATCN (Archivio Telematico Centrale delle unità da diporto), l’iscrizione avviene attraverso istanza presentata al c.d. STED (Sportello telematico del diportista).

Il registro ATCN si articola in due sezioni:

RID o RND – nel primo sono iscritte le imbarcazioni da diporto (cioè unità di lunghezza dai dieci metri fino ai ventiquattro metri). Nel secondo le navi (cioè unità di lunghezza superiore ai ventiquattro metri). I natanti (cioè unità da diporto a remi, a motore o a vela che non supera i dieci metri di lunghezza) non necessitano di registrazione.

 SISTE – contiene i dati di prima immatricolazione delle unità da diporto e di rilascio dei documenti di navigazione relativi alle unità da diporto già immatricolate

Per ottenere la dismissione della bandiera il richiedente deve presentare richiesta all’ATCN compilando un apposito formulario (necessaria è anche una marca da bollo del valore di 16 euro). Si precisa che ai sensi dell’art. 21 del Dlgs 171/2005 la cancellazione può avvenire per:

 a) vendita del bene

 b) demolizione

 c) passaggio alla categoria delle imbarcazioni o a quella dei natanti

d) passaggio ad altro registro

 e) perdita effettiva o presunta del bene

Nei casi di vendita all’estero (lett a) e iscrizione in altro registro (lett d) il proprietario della nave deve effettuare apposita richiesta tramite lo Sportello telematico del diportista (STED), al conservatore unico (UCON) e deve ricevere il nulla osta alla dismissione di bandiera da parte dello stesso.

Presentata la richiesta il conservatore unico rilascia il nulla osta entro il termine di trenta giorni dalla presentazione dell’istanza. Trattandosi di attività ad istanza di parte. Il silenzio della P.A. è da intendersi come silenzio assenso (art. 20 L.P.A.).

di:
Avv. Lorenzo Marranci – Avvocato presso Rocchi & Avvocati

DDL n. 1402 – introduzione dei reati di omicidio e lesioni nautiche

Approvato dal Senato il DDL n. 1402 volto ad introdurre i reati di omicidio nautico e di lesioni personali nautiche. (Il testo del DDL, così come approvato dal Senato, è consultabile qui).

Su 216 Senatori presenti 208 si sono mostrati favorevoli all’introduzione di questi nuovi reati, sei si sono astenuti e uno solo contrario. L’unico voto contrario è stato manifestato dal Sen. Gregorio De Falco, noto per aver coordinato le operazioni di soccorso a seguito del naufragio della Costa Concordia nel febbraio 2012.

Adesso spetterà alla Camera la votazione su questa proposta di legge.

Il testo di questa riforma era già stato presentato nel luglio 2019 ma solo adesso la proposta – approvata con una larga maggioranza dai nostri Senatori – sta per diventare legge.

Il DDL ha lo scopo di “arricchire i già esistenti artt. 589 bis e 590 bis del Codice penale, cioè i reati rispettivamente di omicidio e lesioni stradali, in modo da punire anche i naviganti che senza prestare la dovuta attenzione uccidono o feriscono altre persone

La riforma prevede di rinominare questi articoli in “omicidio stradale o nautico” e di “lesioni personali stradali o nautiche gravi o gravissime” e di estendere così la portata di questi reati (introdotti con la legge 41/2016), ad oggi applicabili solo in materia stradale, anche in ambito nautico

Questa aggiunta ha molta importanza in quanto, nella materia penale, non possono essere estese automaticamente sanzioni penali a casi simili, essendo invece necessario un espresso intervento del nostro Legislatore.

Questo non vuol dire che in assenza della riforma gli omicidi o le lesioni nautiche non siano ad oggi punibili in Italia. Sono infatti comunque in vigore gli artt. 575 c.p. (se volontariamente uccido) o 589 c.p. (se colposamente uccido) o l’art. 582 c.p. (se ferisco). Trattasi però di disposizioni generali applicabili ad ogni tipologia di omicidio o lesioni e non esclusive per il mondo nautico

La riforma, alla luce della specialità della materia, interviene con lo scopo di colmare una sensibile lacuna

Come noto nei nostri mari (ma anche nei loro “fratelli minori” come i laghi o i fiumi) non ci sono strisce segnaletiche o cartelli indicativi di limiti di velocità. Però esistono comunque regole che le persone devono rispettare quando si pongono alla guida (o meglio al comando) di una nave da quella di piccole dimensioni fino ai grandi portacontainers.

Purtroppo ogni estate – periodo in cui i nostri mari sono altamente trafficati da ogni tipo di maritino – avvengono palesi violazioni delle regole che siamo obbligati a rispettare in mare (come quelle indicate negli articoli del COLREG 73 – Regolamento internazionale per prevenire gli abbordi in mare). 

Si può – purtroppo! – assistere a mancati rispetti delle precedenze, accosti a sinistra, velocità superiori ai 3 nodi in acque portuali o barche di piccole dimensioni in scia a traghetti. 

Fortunatamente questi episodi spesso non hanno conseguenze ma, al fine di tutelare le persone e punire questi marittimi non diligenti, si è ritenuto necessario arricchire il codice penale con l’introduzione di nuovi reati.

La necessità di questa nuova introduzione è stata probabilmente accentuata a seguito del tragico episodio avvenuto nell’estate 2021 dove una giovane coppia ha perso la vita a seguito di un sinistro nautico nelle acque del lago di Garda.   

di:
Avv. Lorenzo Marranci – Avvocato presso Rocchi & Avvocati

Emendamento AS 2469

proposta emendativa del Consiglio dei Ministri al c.d. DDL Concorrenza (articolo di febbraio 2022)

Si segnalano i punti salienti di questo disegno di legge presentato dal Consiglio dei Ministri in data 15/02/2022. Questa “proposta di legge” è stata presentata per aggiungere due articoli al DDL concorrenza

per una lettura completa dell’emendamento clicca qui

art. 2 bis: l’articolo recepisce quanto affermato nelle due pronunce prese dal Consiglio di Stato nel novembre 2021 prevedendo che le concessioni demaniali continueranno a restare in vigore fino alla data del 31 dicembre 2023

Art. 2 ter: l’articolo indica alcune precisazioni per la scelta dei nuovi concessionari da parte dell’amministrazione

Di questo articolo è necessario focalizzarsi sul comma 2 lett. e) che stabilisce come l’amministrazione deve: 

1) favorire la partecipazione di tutti i soggetti interessati ad entrare nel mercato anche imprese di piccole dimensioni

2) stabilire termini di minimo 30 gg per poter consentire agli interessati di presentare domanda

3) tenere conto della tipologia di servizio che il concessionario intende fornire alla collettività e favorire coloro che prevedano

– miglioramenti al bene favorendo l’accesso alle persone affette da disabilità 

 – lavori che abbiano un impatto minimo sull’ambiente

– l’introduzione di nuove attrezzature amovibili

4) la scelta del concessionario deve anche tenere conto dell’esperienza tecnica e professionale acquisita dai precedenti titolari della concessione ma non deve comunque precludere l’accesso a nuovi operatori. – Il testo della norma non offre adeguati criteri per valutare l’esperienza tecnico professionale. In questo modo, la valutazione dell’amministrazione rischia di diventare pericolosamente discrezionale 

5) l’amministrazione deve prevedere apposite misure per salvaguardare la stabilità occupazionale delle persone precedentemente assunte. – La “salvaguardiaoccupazionale dovrebbe essere un criterio fondante della norma più in generale del diritto italiano. In questo comma invece esso viene indicato come un mero obbligo della P.A. nell’assegnazione della concessione. 

6) la durata della concessione (non indicato il massimo) deve essere sufficiente a consentire di pareggiare le spese sostenute per aggiudicarsi la concessione. – Anche questo criterio risulta molto pericoloso: una previsione così generale rischia di creare forti diseguaglianze e disomogeinità sul territorio nazionale

di:
Avv. Lorenzo Marranci – Avvocato presso Rocchi & Avvocati

Concessioni Demaniali Marittime

Introduzione: Cosa sono le concessioni

Le concessioni sono atti dell’amministrazione che consentono ad una persona specifica di svolgere una attività o di godere di un particolare bene in maniera piena e esclusiva. Come un proprietario, il titolare di una connessione potrà svolgere in modo esclusivo, qualsiasi attività (lecita!) sul bene fornito dall’amministrazione in concessione. Altre persone non potranno rivendicare nessun diritto su questo bene.
Le concessioni su determinati beni sono generalmente date dalla P.A. all’operatore economicamente più vantaggioso (cioè colui che offre il miglio progetto in termini di qualità-prezzo) scelto al termine di una gara pubblica

Esse costituiscono una delle tre modalità tramite le quali l’amministrazione consente la gestione dei suoi beni.
Le pubbliche amministrazioni possono:
provvedere loro stesse alla gestione;
– attribuirli ai privati tramite tramite concessioni;
– consentire che tutti i cittadini possano utilizzarli per il soddisfacimento di esigenze di carattere generale.

NATURA DELLE CONCESSIONI: sono atti amministrativi o contratti? prevale la prima tesi, anche se le concessioni presentano parti contratte tra amministrazione e il destinatario, esse sono qualificate come provvedimenti di natura amministrativa.

GIUDICE COMPETENTE: sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo (art. 133, co. 1, lett. b). In caso di problemi legali su una concessione dovrà essere presentato ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (T.A.R) territorialmente competente.
Il giudizio di impugnazione deve essere presentato al Consiglio di Stato.

OGGETTO DELLE CONCESSIONI: possono essere molteplici i beni forniti dalle amministrazioni in concessione tra cui i beni del demanio marittimo in riferimento ai quali è necessario fornire alcune ulteriori precisazioni.
Il nostro ordinamento non definisce i beni del demanio marittimo ma presenta un catalogo di beni che presentano queste caratteristiche. Secondo quando indicato dagli artt. 822 c.c. e 28 c. nav. sono beni demaniali marittime: i lidi dei mari, le spiagge, i porti, le rade, le lagune, le foci dei fiumi, i baci di acqua salmastra, i canali  utilizzati ad uso marittimo e le pertinenze demaniali marittime (beni strumentali a quelli indicati).

DURATA DELLA CONCESSIONE: Ogni concessione ha una durata diversa. Le parti, cioè il privato e l’amministrazione, decidono insieme la durata della stessa. Allo scadere si può realizzare la proroga automatica dell’accordo (c.d. rinnovo tacito).
Il sistema dei rinnovi automatici è visto in maniera negativa dall’U.E. che con la direttiva servizi  o Bolkestein (dir. 2006/123/CE) ha cercato di vietarlo.
Per una serie di ragioni nel nostro ordinamento era stata affermata la non applicabilità di questa direttiva al tema delle concessioni demaniali marittime ma due recenti pronunce dell’Adunanza Plenaria hanno stabilito che anche queste tipologie di concessioni non possono essere rinnovate automaticamente (per approfondimenti si rinvia più avanti).

In presenza di situazioni di pubblico interesse l’amministrazione può revocare la connessione al suo titolare. Se la revoca della concessione comporta un pregiudizio alla persona che aveva ricevuto il bene in concessione l’amministrazione deve provvedere con un indennizzo (art. 21 quinques LPA)

RECENTI RIFORME IN TEMA DI CONCESSIONI DEMANIALI MARITTIME

febbraio 2022

EMENDAMENTO AS 2469 presentato dal Consiglio dei Ministri in data 15/02/2022
Proposta di legge che ha lo scopo di dare attuazione a quanto stabilito dal Consiglio di Stato con le due sentenze 17 e 18 del 2021 e di garantire anche la stabilità occupazionale dei precedenti titolari delle concessioni ed il personale assunto

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giugno 2022

• D.D.L. Concorrenza – AS 2469 approvato dal Senato in data 30 maggio 2022
Riforma volta a tutelare la concorrenza ma anche la posizione dei precedenti titolari delle concessioni. Gli artt. 2 – 5 del D.D.L. sono dedicati al tema delle concessioni del demanio marittimo. Queste disposizioni prevedono: una mappatura delle concessioni demaniali (art. 2); riforme sul sistema di assegnazione delle concessioni e sulla loro durata (artt. 3-4); riforma dell’art. 18 della legge 84/94 (concessioni di aree e banchine).

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RECENTI SENTENZE IN TEMA DI CONCESSIONI DEMANIALI MARITTIME

ADUNANZA PLENARIA DEL CONSIGLIO DI STATO SENTT. 17/2021 E 18/2021
In questa sentenza l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, ha disposto che il meccanismo di proroghe automatiche alle concessioni demaniali esistenti è vietato e contrario al diritto dell’Unione Europea (nello specifico in contrasto con la cd direttiva Bolkestein). Al termine della concessione l’amministrazione deve indire una nuova gara pubblica e scegliere il privato/società più vantaggioso. In via eccezionale, al fine di adeguarsi a questo nuovo meccanismo, è prevista la proroga delle concessioni esistenti fino al 31 dicembre 2023.

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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI, SENT. 229/22
In questa sentenza il Consiglio di Stato ha precisato che tutte le operare inamovibili costruite dal titolare di una concessione demaniale marittima diventano beni pertinenziali (artt. 29 e 49 c. nav.)  – quindi passano all’amministrazione – solo se la connessione viene meno per scadenza o per revoca. Se la concessione viene rinnovata automaticamente, o se muta il titolare del bene dato in concessione, non si realizza questo passaggio di proprietà delle opere costruite. Nei casi appena descritti queste opere restano del privato (come proprietà superficiali art. 952 c.c.) con la conseguenza che l’amministrazione non può vantare nessun diritto sulle stesse.

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di:
Avv. Lorenzo MarranciAvvocato presso Rocchi & Avvocati