PREMESSA
In data 11 maggio 2022 è stato approvato dal Senato, il DDL 1571-B “c.d. “SalvaMare””. Il DDL, presentato per la prima volta nel 2018, era già stato approvato dalla Camera.
Il c.d. “SalvaMare”, composto da sedici articoli, ha lo scopo di tutelare le nostre acque mediante apposite campagne di sensibilizzazione alla collettività (art. 3 e 8) e agli studenti (art. 9) in modo da evitare che esse vengano irrimediabilmente compromesse dai rifiuti. Inoltre, la riforma mira a premiare coloro che si attivano per ripulire le acque dalle sostanze inquinanti (art. 11).
Il “SalvaMare” (art. 1) non presenta una definizione esplicita di rifiuto.
Continuerà quindi a valere quanto indicato dal codice dell’ambiente (Dlgs 152/06) all’art. 183, co. 1, lett. a (cioè “qualsiasi sostanza o oggetto il cui detentore si disfi o abbia l’intenzione di disfarsi”).
Tuttavia, il “SalvaMare” tratta e definisce specifiche tipologie di rifiuti (gli accidentalmente e volontariamente pescati ex art. 1, co. 2, lett. a – b) nonché i soggetti e gli oggetti coinvolti nelle operazioni di tutela e di pulitura delle acque (art. 1, co. 2, lett. c-i).
Le tutele così delineate dal “SalvaMare” verranno integrate da appositi Decreti Ministeriali così come previsto in molteplici articoli del DDL (art. 2, co. 9, art. 3 co. 1 e 2, art. 4, art. 7, art. 11, co. 2 e art. 12)
Il nome “SalvaMare” èperò riduttivo in quanto il DDL ha lo scopo di proteggere tutte le acque del nostro Paese, non solo quelle marittime ma anche le lacuali e fluviali.
Questa riforma si colloca tra le molteplici norme, già esistenti, di natura interna o internazionale [es. la convenzione di Montego Bay (c.d. UNCLOS) che nella sua parte XII (artt. 192 – 237) contiene una serie di norme volte a, così come indicato nella rubrica della presente parte, “proteggere e preservare l’ambiente marittimo”] in tema di tutela delle acque.
Il DDL prevede l’istituzione anche un nuovo organo collegiale, denominato tavolo interministeriale di consultazione permanente, (art. 14) composto da rappresentanti dei Ministeri e di altre P.A.
Il “tavolo” ha lo scopo coordinare le operazioni di lotta all’inquinamento delle acque nonché di ottimizzare le attività di pesca introducendo metodi sempre più sostenibili.
Numerose disposizioni del DDL prevedono che le novità introdotte dal “SalvaMare” non dovranno comportare un aggravio di risorse economiche, monetarie ed umane presenti nelle nostre Amministrazioni (art. 5, co. 2, art. 7, co. 2, art. 8, co. 2, art.14, co. 4 e ribadito esplicitamente nell’art. 16 del DDL).
Il “SalvaMare” impone così che le P.A. siano efficienti cioè capaci di raggiungere gli obbiettivi fissati con il minor dispendio dei mezzi.
Nessun articolo introduce sanzioni di natura penale (misure che possono limitare la libertà personale) o amministrativa (pagamento di somme di denaro da corrispondere per eventuali danni ambientali). Ugualmente non sono introdotti nuovi reati o previsti edittali più severi alle norme già vigenti nel nostro codice penale (es. art. 452 bis ss c.p. in materia di inquinamento ambientale).
IL CONTENUTO E IL COMMENTO DEI SINGOLI ARTICOLI DEL C.D. “SALVAMARE”
(Per il testo completo clicca qua)
Art. 1 – “finalità e definizioni”
L’articolo in commento chiarisce, al primo comma, che lo scopo del DDL è di compiere il risanamento dell’ecosistema acquatico e di promuovere l’economia circolare nonché sensibilizzare la collettività al tema della tutela delle acque marittime, lacuali e fluviali.
Vengono inoltre offerte, al secondo comma, le definizioni di:
a) Rifiuti accidentalmente pescati – Termine volto ad indentificare i rifiuti rinvenuti casualmente nelle acque, fluviali, lacuali o marittime durante operazioni di pesca oppure occasionalmente durante la navigazione. [Il presente tema è maggiormente affrontato dal successivo art. 2 della legge].
b) Rifiuti volontariamente raccolti – rifiuti volontariamente recuperati mediante appositi sistemi di raccolta oppure rinvenuti nel corso delle campagne di pulizia del mare, di fiumi o di laghi.
c) Campagna di pulizia – operazioni volte a compiere la pulitura delle acque marittime, lacuali o fluviali. [Il tema è maggiormente affrontato dal successivo art. 3].
d) Campagna di sensibilizzazione – attività volta a promuovere e diffondere modelli virtuosi di tutela dei mari, dei fiumi e dei laghi, evitando che le persone gettino rifiuti nelle acque. [tema affrontato dai successivi artt. 8 e 9].
e) Autorità competente – Amministrazione Comunale territorialmente competente.
f) Soggetto promotore della campagna di pulizia – Soggetti che si incentivano per effettuare le pulizie delle acque. [il successivo art. 3 prevede l’elenco dei soggetti che possono svolgere tali attività].
g) Imprenditore ittico – colui che svolge un’attività di impresa ittica; la legge rinvia per la definizione di questo soggetto all’art. 4 del D.lgs 4/2012 [“È imprenditore ittico il titolare di licenza di pesca, di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 26 maggio 2004, n. 153, che esercita, professionalmente ed in forma singola, associata o societaria, l’attività di pesca professionale di cui all’articolo 2 e le relative attività connesse”]
h) Nave – “unità” destinata al trasporto per acqua, compresi i pescherecci, le unità da diporto, gli aliscafi, i veicoli a cuscino d’aria, i sommergibili e le imbarcazioni galleggianti. [La presente definizione riprende quanto, con alcune difformità, quanto dall’art. 146 c. nav., ossia la norma codicistica che definisce la nozione di nave. La definizione di nave prevista dal “SalvaMare” non è precisa in quanto la lettera “h” definisce la nave con il termine “imbarcazione”; come noto nel gergo nautico il termine imbarcazione comprende le sole unità tra i 10 e i 24 metri mentre le navi sono le unità di grandezza superiore a 24 metri; ove inferiore a 9 metri l’unità prenderà il nome di natante. La nozione di nave, presente nella norma, deve quindi essere interpretata in modo più ampio possibile comprendendo natanti, imbarcazioni e natanti].
i) Porto – ogni luogo in cui sono stati apportati gli interventi necessari per consentire alle navi di attraccare. [La presente definizione è riduttiva in quanto volta a comprendere solamente i porti di costruzione artificiale. Infatti, la dottrina identifica come porto “ogni specchio acqueo artificialmente o naturalmente riparato e, pertanto, idoneo ad agevolare l’approdo o la partenza delle navi” (A. FIALE, M. GRIMALDI – Manuale del diritto della navigazione marittima, interna e aerea p. 47). I porti nel nostro ordinamento rientrano nel c.d demanio artificiale ex art. 822 c.c.].
Art. 2 – “modalità di gestione dei rifiuti accidentalmente pescati”
Come da rubrica il presente articolo tratta del tema dei rifiuti accidentalmente pescati, già definiti dal precedente art. 1, co. 2, lett. a):
Al primo comma la norma precisa che rientrano in questa categoria [oltre a quanto indicato nell’art. 1, co. 2, lett. a] anche i “rifiuti delle navi” ex art. 2, punto 3, della direttiva UE/2019/883 [“tutti i rifiuti, compresi i residui del carico, prodotti durante le operazioni di servizio di una nave o durante le operazioni di carico, scarico e pulizia, e che rientrano nell’ambito di applicazione degli allegati I, II, IV, V e VI della convenzione MARPOL, nonché i rifiuti accidentalmente pescati”].
Continua il secondo comma prevedendo che tali attività possono essere compiute anche da soggetti non necessariamente iscritti nell’albo nazionale dei gestori ambientali previsto dall’art. 212 del codice dell’ambiente.
Il successivo terzo comma precisa che i rifiuti, così raccolti dalle navi, giunti nel porto a seguito dell’ormeggio devono essere collocati in uno specifico impianto di raccolta (ex art. n. 4 Dlgs 197/2021). I Comuni devono quindi predisporre specifiche strutture di raccolta, anche temporanee, in prossimità degli ormeggi.
Ai sensi del quarto comma, nel caso di attracco ad un porto di piccole dimensioni, oppure caratterizzato da un traffico sporadico o scarso da imbarcazioni da diporto, il Comandante della nave dovrà conferire i rifiuti raccolti agli impianti di raccolta integrati nel sistema comunale di gestione dei rifiuti.
Il quinto comma precisa che il conferimento dei rifiuti è gratuito per il conferente e che si configura quale deposito temporaneo di prima raccolta ex art. 185 del codice dell’ambiente di un rifiuto ex art. 183 co. 1 lett. bis) del codice dell’ambiente [rifiuto non pericoloso].
Il sesto comma introduce il comma 6 bis all’art. 183 del codice dell’ambiente prevedendo l’inserimento dei rifiuti accidentalmente pescati all’interno del codice dell’ambiente.
Il settimo e l’ottavo comma incidono sotto il profilo tributario prevedendo l’introduzione, di una nuova tassazione che si aggiungerà alla tassa sui rifiuti di cui all’art. 1, co. 639 (c.d. TARI) e 668 (“tariffa avente natura corrispettiva, in luogo della TARI”), l. 147/2013. Spetterà all’Autorità di regolazione dell’energia disciplinare i criteri e le modalità per la definizione di questi nuovi tributi. La medesima autorità dovrà inoltre vigilare sul corretto utilizzo delle risorse ottenute tramite tale tassazione.
Il nono comma dispone che tramite apposito Decreto Ministeriale, adottato (entro quattro mesi dall’entrata in vigore della presente legge) dal Ministero delle polite agricole alimentari e forestali di concerto con il Ministero della transizione ecologica, verranno fissate le misure premiali nei confronti di coloro raccolgono, e conducono nei luoghi di smaltimento, i rifiuti accidentalmente pescati.
Art. 3 – “campagna di pulizia”
Il primo comma della norma precisa che le attività di raccolta dei rifiuti non devono interferire con le funzioni ecosistemiche dei corpi idrici.
Le campagne di pulizia potranno essere organizzate su iniziativa dell’autorità competente ovvero tramite istanza presentata dal privato all’autorità competente secondo le specifiche modalità che verranno individuate con Decreto Ministeriale adottato (entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge) di concerto dal Ministero delle polite agricole alimentari e forestali e dal Ministero della transizione ecologica previo parere della Conferenza permanente Stato e Regioni.
Il secondo comma precisa che nell’attesa che venga emanato il Decreto Ministeriale di cui al primo comma l’attività può essere già iniziata trascorsi trenta giorni dalla presentazione dell’istanza all’autorità competente. Ove non sussistono i presupposti per intraprendere queste attività l’amministrazione competente potrà adottare motivati provvedimenti al fine di impedirne l’inizio o la prosecuzione [in questo caso trattandosi di iniziative ad istanza di parte l’Amministrazione ex art. 10 bis LPA avrà il compito di indicare all’istante come regolarizzare la domanda e solo in seguito rigettarla].
Il terzo comma precisa che possono essere promotori delle campagne di pulizia determinati soggetti.
Il “SalvaMare” elenca:
– gli enti gestori delle aree protette;
– le associazioni ambientaliste; le associazioni di pescatori;
– le cooperative e imprese di pesca nonché i loro consorzi;
– le associazioni di pescatori sportive e ricreative;
– le associazioni di subacquei e diportisti;
– le associazioni di categoria;
– i centri di immersione e di addestramento subacqueo nonché i gestori di stabilimenti balneari.
Possono essere ugualmente promotori:
– gli enti del Terzo settore;
– le ONLUS;
– le associazioni di promozione sociale;
– le fondazioni e le associazioni con finalità di promozione, tutela e salvaguardia dei beni naturali e ambientali.
Gli enti gestori di aree protette possono realizzare con i rappresentati di imprenditori ittici iniziative di comunicazione pubblica e di educazione ambientale.
Art. 4 – “promozione dell’economia circolale”
Il presente articolo mira a promuovere il riciclaggio dei rifiuti prevedendo l’emanazione (entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge) di un apposito Decreto Ministeriale del Ministero della transizione ecologica in cui verranno precisate le modalità in forza delle quali i rifiuti accidentalmente e volontariamente raccolti (ex art. 1 co. 2 lett. a e b del “SalvaMare”), a seguito di operazioni di riciclo, verranno riutilizzati/reimpiegati [c.d. economia circolare].
Art. 5 – “norme in materia di gestione delle biomasse vegetali spiaggiate”
Il primo comma della norma, al fine di tutelare l’ecosistema acquatico, prevede la reimmissione nelle acque delle biomasse vegetali [nello specifico sono contemplate le alghe o le piante] tramite il loro riaffondamento in mare o il trasferimento delle stesse nell’area retrodunale o in altre zone comunque appratenti alla stessa area fisiografia.
La norma specifica come queste operazioni dovranno essere compiute separando, ove possibile, la sabbia dalle biomasse e dai rifiuti in modo da poterla destinare all’eventuale ripascimento dell’arenile.
Sarà compito dell’Autorità Competente verificare se sussistono le condizioni per escludere il materiale sabbioso dai rifiuti e se esso può:
– venire recuperato nell’ambito di operazionimediante il trattamento di cui al codice R10 dell’allegato C del codice dell’ambiente [Spandimento sul suolo a beneficio dell’agricoltura o dell’ecologia];
– essere qualificato come sottoprodottoex art. 184 bis del codice dell’ambiente[“sostanza che, pur non costituendo lo scopo primario della produzione un’impresa mira comunque a sfruttare e commercializzare a condizioni a lei favorevoli in un processo successivo senza operare trasformazione preliminari”(punto 34 sent. Palin Granit Oy e Vehmassalon kansanterveystyön kuntayhtymän hallitus, C-9/00 – ECLI:EU:C:2002:232”].
La norma prevede che le Amministrazioni provvederanno a compiere tali attività impiegando le risorse umane e finanziarie disponibili in modo da non imporre maggiori oneri per la collettività.
Art. 6 – “misure per la raccolta dei rifiuti galleggianti nei fiumi”
Il “SalvaMare” prevede che le Autorità di bacino distrettuali introdurranno nei loro atti pianificatori misure sperimentali volte alla cattura dei rifiuti galleggiabili.
I commi due e tre precisano che il Ministero della transazione economica darà luogo ad un programma sperimentale per compiere il recupero delle plastiche anche tramite strumenti galleggianti; per compiere queste attività verrà destinata una somma fissata in 2 milioni di euro per ciascuno gli anni 2022, 2023 e 2024.
Art. 7 – “attività di monitoraggio e controllo dell’ambiente”
Il “SalvaMare” impone che verranno compiute operazioni volte a vigilare lo stato delle acque e dei fondali. Queste operazioni, dovranno essere compite in conformità di quanto verrà disposto nelle linee guida indicate dal Decreto Ministeriale che verrà adottato (entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge) di concerto tra il Ministero della transizione ecologica ed il Ministero delle infrastrutture previo parere dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (c.d. ISPRA) e sentito il Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto.
Tali operazioni non devono comportare maggiori oneri per la finanza pubblica.
Art. 8 – “campagna di sensibilizzazione”
La norma prevede l’introduzione di specifiche campagne volte a sensibilizzare la collettività sull’importanza del patrimonio acquatico. Specifiche campagne potranno essere intraprese da parte delle Autorità di Sistema portuale nei confronti dei pescatori e agli operatori del settore acquatico.
Queste operazioni non possono comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica in quanto l’amministrazione portuale dovrà provvedere solamente in forza delle risorse umane e finanziare disponibili.
Art. 9 – “educazione nelle scuole per la salvaguardia dell’ambiente”
Al fine di effettuare un’attività di sensibilizzazione maggiore la legge prevede che il tema della tutela delle risorse acquatiche venga affrontato nelle scuole durante le ore adibite all’insegnamento dell’educazione civica.
Art. 10 – “modifica dell’art. 52 del codice della nautica da diporto”
L’articolo introduce nell’art. 52 del codice della nautica da diporto [norma rubricata “educazione marinesca”] l’inciso « , anche in riferimento alle misure per prevenire e contrastare l’abbandono dei rifiuti in mare ».
Art. 11 – “materiali di ridotto impatto ambientale. Riconoscimento ambientale”
La norma, in una logica premiale, attribuisce agli imprenditori ittici che fanno uso di strumenti di ridotto impatto ambientale un riconoscimento volto ad attestare l’impiego per il rispetto dell’ambiente e la sostenibilità dell’attività di pesca.
Ai sensi del secondo comma è prevista l’emanazione (entro dodici mesi dall’entrata in vigore della presente legge) di un apposito Decreto Ministeriale adottato di concerto dal Ministero della transizione ecologica e dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali volto a disciplinare le procedure, le modalità e le condizioni per l’attribuzione del riconoscimento previsto dal primo comma.
Il terzo comma prevede un ulteriore sistema premiale in quanto prevede un particolare riconoscimento ai possessori di imbarcazioni che svolgono, anche non abitualmente, attività di recupero di rifiuti in acqua.
Art. 12 – “criteri per la disciplina degli impianti di desalinizzazione”
La norma prevede l’introduzione di un apposto Decreto Ministeriale adottato (entro 180 giorni dell’entrata in vigore della legge) dal Ministero della transizione ecologica volto a definire e regolare gli scarichi di tali impianti ad integrazione di quanto già previsto nell’allegato 5 alla parte terza del codice dell’ambiente (limiti di emissione degli scarichi idrici).
A detta del “SalvaMare” gli impianti di desalinizzazione per il consumo umano possono essere utilizzati:
a) in situazione di carenza idrica purché in mancanza di fonti idrico potabili alternative economicamente sostenibili.
b) se viene dimostrato che gli interventi siano opportuni per ridurre le perdite della rete degli acquedotti e la razionalizzazione dell’uso della risorsa idrica come previsto dalla pianificazione di settore.
c) nei casi in cui gli impianti siano previsti nei piani di settore in materia di acqua e in particolare nel piano tenuto conto dei costi-benefici.
Il “SalvaMare” prevede anche l’emanazione di un apposito Decreto Ministeriale adottato (entro 180 giorni dall’entrata in vigore della presente legge) dal Ministero della transizione ecologica di concerto con il Ministero della Salute in cui verranno definiti i criteri di indirizzo nazionali per l’analisi dei rischi ambientali e sanitari correlati agli impianti di desalinizzazione nonché le soglie di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale (c.d. VIA).
Per espressa previsione della norma sono esclusi dal campo di applicazione del presente articolo gli impianti di desalinizzazione installati a bordo delle navi (ex art. 136 c nav).
Art. 13 – “termine per l’emanazione del decreto previsto dall’art. 111 del codice dell’ambiente”
La legge prevede che entro sei mesi dall’entrata della legge verrà emanato un apposto decreto come già previsto dall’art. 111 del codice dell’ambiente (norma rubricata “impianti di acquacoltura e piscicoltura – 1. “Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle politiche agricole e forestali, delle infrastrutture e dei trasporti e delle attività produttive, e previa intesa con Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati i criteri relativi al contenimento dell’impatto sull’ambiente derivante dalle attività di acquacoltura e di piscicoltura”).
Art. 14 – “tavolo interministeriale di consultazione permanente”
Al fine di combattere l’inquinamento e ottimizzare l’attività di pesca è prevista l’introduzione di un apposito tavolo interministeriale (c.d. tavolo interministeriale permanente). Esso, a norma del secondo comma, si riunirà due volte all’anno ed è presieduto dal Ministro per la transizione ecologica o in sua assenza da un suo delegato. Il tavolo sarà composto anche da 29 componenti, ossia:
• tre rappresentati del Ministero della transizione ecologica;
• un rappresentante del Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali;
• un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico;
• cinque rappresentanti del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente (di cui due nominati dall’ISPRA);
• un rappresentante del CNR (comitato nazionale delle ricerche);
• un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e mobilità sostenibili;
• due rappresentanti del Comando genarle della Capitanerie di porto;
• cinque rappresentanti degli enti gestori delle aree marine protette;
• tre rappresentanti delle Regioni;
• tre rappresentanti delle cooperative di pesca;
• due delle imprese di pesce;
• due dai rappresentanti delle imprese di acquacolture, un rappresentante della Conferenza nazionale di coordinamento delle Autorità di sistema portuale.
La norma precisa al terzo comma che possono comunque essere invitati anche altri soggetti purché ritenuti portatori di particolari interessi che devono essere ascoltati. Gli eventuali partecipanti possono essere maggiori dei 29 che compongono il tavolo.
La partecipazione al tavolo, non comporta l’elargizione di compensi, gettoni di presenza, rimborsi spese o altri emolumenti e non deve portare a maggiori spese per la finanzia pubblica.
Art. 15 – “Relazione alle camere”
La legge dispone che il Ministro della transizione ecologica deve, entro il 31 dicembre di ogni anno, presentare una relazione sull’attuazione della presente legge.
Art. 16 – “Clausola di invarianza finanziaria”
La presente norma impone che dall’attuazione della legge non devono derivare maggiori oneri per la spesa pubblica. Le amministrazioni provvedono alle attività previste senza impiegare nuove risorse finanziare o umane.
di:
Avv. Lorenzo Marranci – Avvocato presso Rocchi&Avvocati