Gli abusi edilizi la commerciabilità degli immobili da essi gravati

ABUSI EDILIZI

Per abuso edilizio si intende “l’attività edificatoria posta in essere senza i necessari riscontri di conformità da parte dell’Amministrazione” (CALABRESE, relazione notarile “La commerciabilità dei beni immobili alla luce del T.U. sull’Edilizia”).

Dal punto di vista normativo, le disposizioni che sanzionano gli abusi edilizi sono contenute negli artt. 31 ss del DPR 380/01, c.d. Testo Unico sull’edilizia, abbreviato TUE.

L’art. 32 TUE (norma rubricata determinazione delle variazioni essenziali) prevede, a titolo esemplificativo, alcune ipotesi di abusi edilizi:

– mutamento della destinazione del bene che implichi variazioni degli standards dell’immobile ex DM 2.04.1968 (es. difformità di dimensioni del bene);

– aumento della cubatura o della superficie di solaio rispetto al progetto approvato;

– mutamento delle caratteristiche dell’intervento edilizio assentito

– violazione delle normi vigenti in materia di edilizia antisismica.

Non tutte le variazioni che possono rinvenirsi in un immobile rispetto al suo progetto costituiscono necessariamente abuso edilizio: ai sensi dell’art. 34 bis TUE (norma rubricata tolleranze costruttive) le variazioni, ove contenute, entro il 2% delle misure previste dal titolo abitativo non sono qualificabili come abusi.

TIPOLOGIE DI ABUSI (ordinati per gravità crescente)

Pur offrendo la presente classificazione ciascun caso va valutato singolarmente potendo incidere nella valutazione dell’abuso, una pluralità di normative specifiche e/o locali.

Non rilevanti – difformità rientranti nel limite del 2% delle misure previste dal titolo abitativo (ex art. 34 bis TUE)

Minori o parziali (“abusi in parziale difformità”) – immobili realizzati in maniera differente rispetto al progetto ex art. 34 TUE.

Secondari – Quando solo una parte di un immobile abbia subito una modifica non sostanziale o un mutamento di destinazione d’uso (ex. Multis Cass. 11659/18).

Primari o totali – assenza di titolo edilizio. Rientrano in questa categoria a titolo esemplificativo: le trasformazioni del terreno in edificio oppure, nel caso di edificio esistente, nella costruzione di una parte autonoma del tutto nuova di esso (CALABRESE, relazione notarile “La commerciabilità dei beni immobili alla luce del T.U. sull’Edilizia”; CASU – Studio 4509 “la commerciabilità dei fabbricati tra Testo unico sull’edilizia e legge 47 del 1985 sul condono edilizio”).

Secondo una ricostruzione della giurisprudenza del Consiglio di Stato (Cons. Stato Sent. 1484/2017) le tipologie di abuso edilizio vengono “ordinate secondo la gravità” dello stesso, come di seguito indicato:

– Interventi in assenza di permesso o totale difformità dal titolo autorizzativo

– variazioni essenziali rispetto al titolo autorizzativo

– parziale difformità dal titolo autorizzativo

CONSEGUENZE DELL’ABUSO

Gli abusi edilizi comportano conseguenze di natura amministrativa (artt. 33 ss TUE), penale (44 – 45 TUE), civile (46 TUE) e disciplinari (art. 29, co. 3, TUE).

Destinatari di queste sanzioni sono, ai sensi dell’art. 29 TUE, il titolare del permesso a costruire, il committente ed il costruttore.

Il direttore dei lavori è responsabile qualora (venuto a conoscenza dell’abuso) non rinunzi all’incarico e non segnali l’abuso alla P.A. competente.

Il proprietario dell’immobile è sempre responsabile a meno che non provi che l’attività illecita sia avvenuta a sua insaputa o senza la sua volontà (Cass. Sent. 19225/2019).

• Conseguenze di tipo amministrativo

Gli abusi, una volta rilevati, dovranno essere rimossi: la rimozione potrà avvenire o sanando (se possibile) l’abuso oppure tramite la demolizione dello stesso.

La sanatoria consiste nel pagamento di una somma di denaro a titolo di oblazione (art. 36 TUE) e nell’eventuale ottemperanza ad alcune specifiche disposizioni dell’Amministrazione;

La demolizione consiste in una misura di carattere ablatorio volta alla rimozione da parte del vizio (artt. 31 – 34 TUE), ove la parte interessata non ottemperi procederà direttamente la P.A. ad onere del proprietario.

In caso di annullamento di un titolo in precedenza concesso il TUE dispone che, ove non sia possibile la rimozione dei vizi o la riduzione in pristino del bene, la P.A. può irrogare una sanzione pecuniaria pari al valore delle opere abusivamente eseguite (art. 38 TUE).

• Conseguenze di tipo penale

Le conseguenze di rilevanza penale indicate dall’art. 44 TUE sono:

– L’ammenda fino a 10.329 ove venga provata l’inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive nonché dei regolamenti edilizi e degli strumenti edilizi e permesso di costruire.
– L’arresto fino a due anni e ammenda da euro 5.164 a 51.645 nei casi di lavori eseguiti in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione degli stessi.
– L’arresto fino a due anni e ammenda da 15.493 a 51.645 euro nel caso di lottizzazione abusiva dei terreni.

Se l’abuso è di particolare tenuità potrà essere disposta la declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis cp.

Per ottenere una pronuncia di tale genere ai sensi della consolidata giurisprudenza (ex multis e tra le più recenti Cass. Penale Sent. 24396/2022) occorrerà accertare:

– consistenza dell’abuso (tipologia, dimensioni e caratteristiche);

– destinazione dell’immobile;

– incidenza sul carico urbanistico;

– contrasto con strumenti urbanistici e possibilità o meno di sanatoria;

– eventuale collegamento dell’opera abusiva con interventi preesistenti;

– assenza del titolo o grado di difformità;

– rispetto o meno di provvedimenti autoritativi emessi dalla PA competente.

Ai sensi dell’art. 45 TUE l’attività del privato volta a sanare l’abuso edilizio sospende l’esercizio dell’azione penale.

La sanatoria del permesso a costruire estingue le sanzioni di natura penale.

• Conseguenze di tipo civile

La conseguenza dal punto di vista civilistico è l’impossibilità di commerciare il bene oggetto di abuso ex art. 46 TUE (che verranno approfondite a breve).

• Conseguenze di tipo disciplinare

1) a carico del direttore dei lavori -Ai sensi dell’art. 29, co. 3, TUE qualora il direttore dei lavori non provveda a denunciare l’abuso alla PA compente sarà sanzionabile con la denuncia al proprio Ordine professionale di appartenenza, il quale, nell’applicare le singole norme deontologiche, potrà disporre anche la sospensione dall’albo professionale da tre mesi a due anni.

2) a carico del notaio – Se viene rogato un negozio inter vivos relativo ad un bene con abuso edilizio sono previste responsabilità a carico del notaio (ex art. 47 TUE) per aver ricevuto atti “espressamente proibiti dalla legge” ex art. 28 della legge notarile.

Secondo la giurisprudenza di merito qualora venga sanato il vizio decade anche in automatico la responsabilità disciplinare del notaio (C.d.A. Catania 28/03/2006).

APPROFONDIMENTO SULLA COMMERCIABILITÀ DEI BENI CON ABUSO EX ART. 46 TUE

Con il termine commerciabilità si identifica la possibilità di compiere negozi inter vivos (come, ad esempio, vendere o locare) su un determinato bene immobile (per approfondimenti sulla commerciabilità clicca qui).

L’art. 49 TUE dispone che sono nulli gli atti (redatti in forma pubblica o privata) volti al trasferimento, alla costituzione o allo scioglimento di diritti reali relativi a beni immobili edificati dopo il 17 marzo 1985 (data del c.d. “condono edilizio”) privi di permesso a costruire o permesso in sanatoria.

Discussa è la natura di tale nullità: dottrina, giurisprudenza e studi notarili si sono interrogati se la nullità abbia natura testuale (applicabile solo ai casi di immobili privi dei titoli indicati) oppure sostanziale (applicabile anche a ulteriori ipotesi come ad esempio abusi minori).

La tesi oggi dominante è che l’art. 46 TUE abbia natura testuale.

Solo i contratti conclusi tra le parti privi delle citate autorizzazioni amministrative saranno nulli. L’eventuale presentazione in un secondo momento dei predetti titoli autorizzativi può sanare il vizio rendendo valido il negozio inter vivos (Cass. 8230/2019).

A sostegno di tale tesi:

Circolare del Ministero dei lavori pubblici (relativa alla legge 47/1985) la nullità degli atti di trasferimento riguarda solo gli abusi di maggiore gravità mentre non sono soggetti a limiti gli abusi di minore gravità, per i quali persistono comunque le conseguenze di tipo amministrativo e penalistico.

Cass. Pen. 22200/2017 secondo la quale gli abusi di minore gravità non ricadono nel divieto ex art. 46 TUE (di conseguenza secondo tale pronuncia non si applicano per tali tipologie di abusi le sanzioni disciplinari a carico del notaio ex art. 47 TUE e 28 della legge notarile).

Cass. Sez. Unite 8230/2019 che dispongono come sono nulli solo i contratti volti a trasferire immobili in assenza di un permesso a costruire o in sanatoria; ove vi sia “titolo urbanistico, reale e riferibile all’immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato”.

Di diverso avviso un orientamento della giurisprudenza di legittimità che ha inciso “profondamente nella prassi notarile” e per essere poi ripreso in ulteriori pronunce (AMANTE, “Le sezioni Unite compongono il contrato sulla nullità formale o sostanziale dell’art. 46 DPR 380/2001”).
Secondo tale indirizzo della Cassazione (Cass. 23591/2013) la nullità ex art. 46 TUE “degli atti di trasferimento di immobili non in regola con la normativa urbanistica” è di carattere sostanziale [quindi si estende oltre i casi indicati dalla norma – es. anche nei confronti degli abusi minori].

ART. 46 TUE E NULLITÀ ANCHE DEL CONTRATTO PRELIMINARE DI UN BENE CON ABUSO?

La nullità ex art. 46 TUE non si estende al contratto preliminare.

La norma citata si applica per sua espressa previsione solamente ai contratti con “effetti reali” (atti che dispongono il trasferimento di un bene o di un diritto reale) e non in relazione ai negozi con “effetti obbligatori” (ove sorgono obblighi a carico delle parti).

Essendo il contratto preliminare un contratto ad effetto obbligatorio si ritiene che la nullità ex art. 46 TUE non ricada sopra tali contratti.

Tale tesi, condivisa dalla maggioritaria dottrina e nella giurisprudenza, riflette la natura testuale della nullità ex art. 46 TUE.

di: Avv. Carlo Rocchi – fondatore di Rocchi & Avvocati