L’immemorabile

PREMESSA: IL DECORSO DEL TEMPO E I SUOI EFFETTI GIURIDICI 

Il decorso del tempo porta con sé effetti estintivi od acquisitivi

Nel primo caso: il mancato utilizzo di un determinato diritto ne provoca la sua estinzione. Rientra in questo caso la prescrizione, definita come l’estinzione di un diritto nel caso in cui il suo titolare non lo eserciti entro il termine indicato dalla legge.  
Ai sensi dell’art. 2946 c.c. il termine ordinario di prescrizione è decennale
Eccezionalmente alcuni diritti si prescrivono in: 
cinque anni (artt. 2948 e 2949 c.c.); 
due anni (art. 1667, co. 3, c.c.); 
un anno (artt. 1495 co. 3, 2951, 2952, 2955 c.c.); 
sei mesi (art. 2956 c.c.). 

Nel secondo caso: il decorso prolungato del tempo consente di acquisire un determinato diritto (es. acquisto della proprietà di un bene). Rientra in questo caso l’usucapione ex art. 1158 ss c.c., definito come un modo di acquisto della proprietà (a titolo originario), di un bene o di un diritto reale di godimento sullo stesso, mediante il suo possesso prolungato
L’acquisto tramite usucapione della proprietà di un bene si realizza se trascorsi ininterrottamente
20 anni in relazione a: 
– beni immobili (art. 1158 c.c.);  
– universalità di beni mobili (art. 1160 c.c.); 
– beni mobili in relazione al possessore non in buonafede (art. 1161, co. 2, c.c.); 
15 anni in relazione: 
– a fondi rustici con annessi fabbricati situati nei comuni classificati montani dalla legge (art. 1159 bis c.c.). 
10 anni in relazione a: 
– beni immobili acquistati in buona fede in forza di un titolo idoneo al trasferimento debitamente trascritto (art. 1159, co. 1, c.c.); 
– diritti reali di godimento sopra beni immobili (art. 1159, co. 2, c.c.);  
– universalità di beni mobili in forza di un titolo idoneo al trasferimento debitamente trascritto (art. 1161, co. 2, c.c.); 
– beni mobili registrati in assenza di buona fede e di un titolo idoneo al trasferimento debitamente trascritto (art. 1162, co. 2, c.c.). 
5 anni in relazione a: 
– fondi rustici con annessi fabbricati situati nei comuni classificati montani dalla legge (art. 1159 bis c.c.) mediante acquisto in buona fede in forza di un atto idoneo al trasferimento debitamente trascritto (art. 1159, co. 2, c.c.); 
3 anni in relazione a: 
– beni immobili registrati in buona fede in forza di un atto idoneo al trasferimento debitamente trascritto (art. 1162, co. 2, c.c.). 

Oltre al decorso del tempo è necessario un secondo elemento ai fini della realizzazione dell’acquisto della proprietà di un bene tramite usucapione: il c.d. “animus possidendi” (o “domini”) ossia la consapevolezza di disporre del bene come se fossimo il proprietario

L’ISTITUTO DELL’IMMEMORABILE 

Diverso dall’usucapione è l’istituto dell’immemorabile.  
Il presente termine, dal latino “(ad) immemorabilia” traducibile “(da tempo) immemorabile”, è utilizzato per precisare come la proprietà di un bene appartenga ad un privato o ad una P.A. da tempo talmente vasto da non poter essere correttamente quantificabile.  

In assenza di una esplicita definizione giuridica, la giurisprudenza precisa che per parlare di immemorabile il bene “deve provenire da soggetti appartenenti ad almeno due generazioni, vale a dire non solo dagli ultracinquantenni della generazione attuale ma anche, secondo il loro ricordo, dai rispettivi genitori” (Cass., Sez. II, Sent. 587/2019). 

Una pronuncia del Consiglio di Stato (Cons. Stato, Sez. IV, Sent. 5337/2013) – in relazione ad una controversia sorta al fine di accertare la natura demaniale o meno di un ponte sito sul fiume Sacco (nel frosinate) – chiarisce l’excursus storico e giuridico sull’istituto dell’immemorabile.  

La presente pronuncia del giudice amministrativo precisa che già nel XIX secolo, a seguito dell’introduzione delle forme di pubblicità (es. trascrizioni) e delle prove documentali (libri fondiari e catasti), l’istituto dell’immemorabile aveva perduto rilevanza giuridica e pratica

Gli unici riferimenti espliciti all’istituto dell’immemorabile nelle principali codificazioni ottocentesche riguardavano i diritti di servitù
Tuttavia, precisavano queste codificazioni – ossia il Code Napoleon (art. 691), il codice civile del Regno di Sardegna (art. 649) ed il codice civile del Regno d’Italia del 1865 (art. 630, co. 2) – che “il possesso benché immemoriale non basta a stabilirle”. 

Inoltre, il contenuto dell’art. 48 disp. att. del codice civile del Regno d’Italia ove precisava che “cessano di aver forza dal giorno dell’attuazione del medesimo tutte le altre leggi generali o speciali, come pure gli usi o le consuetudini, a cui il codice stesso espressamente non si riferisca” era un esplicito riferimento, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, volto ad escludere ogni rilevanza giuridica all’immemorabile

 Ugualmente, l’attuale codice civile non disciplina il tema dell’immemorabile.  Tale mancanza secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato costituisce una “argomentazione esegetica sufficiente a suffragarne il richiamo in vita” (Cons. Stato, Sez. IV, Sent. 5337/2013). 

L’immemorabile rileva tuttavia quale una (mera) presunzione semplice volta ad attestare la “legittimità del possesso attuale, fondata sulla “vetustas“, e cioè sul decorso di un tempo talmente lungo che si sia perduta memoria dell’inizio di una determinata situazione di fatto, senza che ci sia memoria del contrario” (Cass. Sez. II, Sent. 587/2019).  

Trattandosi di una mera presunzione il c.d. possesso ad immemorabilia non è idoneo a contestare quanto risultante dai Pubblici Registri

MARGINI DI APPLICAZIONE DELL’IMMEMORABILE 

L’immemorabile può rilevare:  

Nel diritto amministrativo – o meglio “nell’ambito dei rapporti relativi a beni pubblici” (Cons. Stato, Sez. IV, Sent. 5337/2013) e più precisamente: 
art. 2 R.D. 2503/1884 e art.23 R.D. 1604/1931 in riferimento ai diritti esclusivi di pesca
art. 2 l. 1766/1927 che converte i rr.dd. 751/1924, 895/1926 in materia di usi civici

Non rileva l’istituto dell’immemorabile in relazione alla sdemanializzazione dei beni pubblici (ossia la perdita del carattere demaniale di un determinato bene con la successiva sua immissione nel patrimonio della P.A. o dei privati). 
La consolidata giurisprudenza di legittimità precisa che ai fini della sdemanializzazione non è sufficiente il mero disuso di un determinato bene anche da tempo immemorabile ma deve rilevare la volontà inequivoca della P.A. (c.d. “animus derelinquendi”) di non conservare la destinazione del bene all’uso pubblico (ex multis Cass., Sez. I, Sent. 17387/2004).  

Nel diritto ecclesiastico – l’istituto dell’immemorabile rileva quale causa di riconoscimento degli enti ecclesiastici cattolici (c.d. riconoscimento per antico possesso di stato).  
Il richiedente per ottenere questa forma di riconoscimento è tenuto ad allegare un attestato a firma del Ministero dell’Interno volto a provare che l’ente godeva di personalità giuridica da tempo immemorabile o comunque da tempo anteriore al Concordato del 1929 (art. 15, co. 5 del D.P.R. 33/1987). 

Hanno ottenuto il riconoscimento per antico possesso di stato “le chiese cattedrali, le diocesi e le chiese più antiche” – M. T. SEMPREVIVA (a cura di) “ordinamento e attività istituzionali del Ministero dell’Interno” p. 484. 

In relazione agli enti acattolici una forma di riconoscimento per antico possesso di stato è presente nell’art. 14 della legge 126/2012 (riconoscimento degli enti ecclesiastici ortodossi). 

di: Avv. Lorenzo Marranci – Avvocato presso Rocchi & Avvocati