Le acque pubbliche

PREMESSA LA DEMANIALITÀ DELLE ACQUE

Le acque sono beni demaniali: lo prescrive l’art. 822 c.c. (norma rubricata “demanio pubblico”). La norma precisa che “fanno parte del demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia (…)”. Il codice dell’ambiente, ossia il D.lgs 152/06, all’art. 144 (riprendendo il contenuto dell’art. 1 della abrogata legge Galli – l. 36/94) dispone come “tutte le acque superficiali e sotterranee (…) appartengono al demanio dello Stato”.

In quanto annoverabili tra i beni demaniali le acque non hanno un proprietario ma sono della collettività. Ciò vuol dire che un fiume che attraversa una determinata proprietà non appartiene al proprietario del fondo ma è un bene di tutti (ai sensi dell’art. 909 c.c. il proprietario del fondo ha tuttavia il diritto ad utilizzare le acque presenti nella sua proprietà).

Secondo la dottrina i corsi d’acqua sono pubblici nei suoi tre elementi inscindibili: acqua, alveo e sponde (A. MAZZA, voce teorica delle Acque Pubbliche). Inoltre, alla luce del D.lgs. 42/04 (Codice dei beni culturali e paesaggistici) i fiumi, i torrenti e i corsi d’acqua e le relative sponde per un’estensione di 150 m sono aree tutelate ex lege (tali aree sono sottoposte a tutela e vincolo paesaggistico – sul punto C.d.S., Sez. IV, Sent. 3264/14).

Sono sottoposte ad una disciplina speciale le acque termali e per uso geotermico.

CARATTERISTICHE DELLE ACQUE PUBBLICHE

– laguna di Orbetello –

In quanto beni appartenenti al demanio le acque sono inalienabili (ogni loro atto di trasferimento sarebbe nullo), indisponibili, inusucapibili, impignorabilie non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi stabiliti dalle leggi che le riguardano” (art. 823 c.c.).

La legge tuttavia non esclude forme di utilizzazione delle acque da parte dei privati.

Ai sensi dell’art. 2 del R.D. 1775/1933 (T.U. delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici) le acque pubbliche possono essere utilizzate da:

1) soggetti in possesso di un titolo legittimo – c.d. uso particolare/speciale;

2) soggetti che per trenta anni anteriormente alla pubblicazione della legge 2644/1884 (legge “concernente le deviazioni delle acque”) hanno utilizzato acqua pubblica, limitatamente al quantitativo di acqua e di forza motrice effettivamente utilizzata durante il trentennio;

3) soggetti titolari di una concessione – c.d. uso eccezionale.

A queste tre forme normativamente previste se ne aggiunge, secondo la dottrina e gli studi notarili (Studio n. 1196/1997), una quarta forma: uso comune/generale – quando l’utilizzo delle acque è consentito uti cives a tutta la collettività (es. navigazione su un fiume o più in generale funzione di consumo umano).

IL PARDOSSO DELLA (GESTIONE DELL’) ACQUA PUBBLICA

Anche se l’acqua è un bene comune, la sua gestione è affidata a soggetti privati – per tale ragione, per l’utilizzo di un bene qualificato come di tutti, siamo costretti a pagare delle bollette (c.d. paradosso dell’acqua pubblica).

La gestione delle acque è affidata a soggetti privati (che solitamente rivestono la forma di S.r.l. o di S.p.a.). Il D.L. 135/2009 (convertito in legge 166/09).  – che di fatto ha favorita la “privatizzazione dell’acqua pubblica” – ha incentivato il ricorso al modello concessorio consentendo che soggetti privati dispongano, in modo pieno od esclusivo, della gestione dell’acqua.

Spetterà alla P.A. (il Comune) individuare l’operatore più economico ed affidargli la gestione del servizio idrico.

Nonostante i referedum del 2011 la gestione dell’acqua non è pubblica.

SII E ATO

Prevede l’art. 141 del Codice dell’ambiente che i servizi idrici integrati (abbreviati SII), gestiti secondo i principi di efficienza, efficacia ed economicità, sono costituiti “dall’insieme dei servizi di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civile, di fognatura e depurazione delle acque reflue”.

Il compito del gestore è di assicurare la cura degli acquedotti, delle reti fognarie e della depurazione delle acque.

I servizi idrici integrati erano operavano, fino al 2011, all’interno degli ambiti territoriali ottimali (ATO), ripartizioni territoriali ove operavano le Autorità di Ambito (art. 148 codice dell’ambiente).

L’art. 2, co. 186 bis della legge 42/10 ha disposto la soppressione delle Autorità d’Ambito ed ha posto in capo alle Regioni il compito di individuare nuovi soggetti cui affidare “le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza”. (tali funzioni per quanto riguarda la regione Toscana sono oggi affidate all’AITAutorità idrica toscana).

UTILIZZI DELLE ACQUE

Consumo umano

Il consumo umano è il principale scopo per cui utilizziamo l’acqua. Nonostante questa importantissima funzione solo il 20% delle acque pubbliche è utilizzata per soddisfare tale esigenza.

Numerose e molteplici sono le norme di diritto interno ed internazionale che regolano questa funzione (per approfondire clicca qua). 

Balneazione

spiaggia di Golden Beach – Miami (USA)

La balneazione è una finalità collettiva delle acque. Tranne alcune eccezioni non possono essere poste limitazioni alla balneazione. La giurisprudenza amministrativa precisa chei titolari delle concessioni devono consentire il libero e gratuito accesso e transito, per il raggiungimento della battigia antistante l’area ricompresa nella concessione, anche al fine di balneazione (C.d.S. ord. 2543/2015).

Non è consentita la balneazione:
nelle aree protette “c.d. Zone A” (No-take- No-entry areas) ove per finalità di tutela dell’ambiente è vietata ogni attività, compresa la balneazione;
– ove la P.A. vieti con un suo provvedimento la balneazione per scarsa qualità delle acque;
– ove trattasi di acque presenti nel fondo di un proprietario. In questo caso non è proibita tanto la balneazione ma l’accesso – invito domino– nel fondo del proprietario (situazione che potrebbe generare l’applicazione del reato di cui. all’art. 637 c.p, norma rubricata ingresso abusivo nel fondo altrui).

Dal punto di vista normativo, la principale fonte in materia di balneazione è la direttiva 2006/7/CE (c.d. direttiva balneazione) recepita in Italia dal Dlgs 116/2008 e dal DM 30.03.2010 (per approfondimenti sul contenuto della direttiva clicca qua).

Navigazione

– patente di abilitazione al comando di unità da diporto –

Il COLREG 72 è la principale fonte (a livello internazionale) in tema di navigazione; lo scopo di tale fonte è di evitare la collisione tra le navi o tra navi e bagnanti. Esso prevede le dotazioni che devono essere presenti a bordo delle navi ed il sistema delle precedenze in mare (Regole 13-18 COLREG 72).

Norme a carattere locale prevedono le distanze minime che i mezzi a motore devono rispettare al fine di non incorrere in sinistri con i bagnanti. Generalmente le navi non possono avvicinarsi a più di 100 – 200 metri dalla costa (spetterà ai concessionari di strutture balneari delimitare con gavitelli di colore rosso le aree in cui le navi non possono entrare).

Ordinanze locali possono prevedere limiti diversi (più restrittivi o permissivi) per l’ancoraggio delle navi.

Nelle aree protette c.d. Zona A e Zone B è proibita la navigazione con mezzi a motore.

Ordinanze locali prevedono regole specifiche in relazione alla navigazione lacuale, lagunare o fluviale; per quanto riguarda il fiume Po, al fine di navigare in sicurezza ed evitare pericoli sono presenti sugli argini del fiume determinati “segnali” di colore rosso e bianco.

Funzioni EX Titolo IV del Codice dell’ambiente (artt. 166 ss)

Il codice dell’ambiente identifica ulteriori forme di utilizzo delle acque:

1) Uso delle acque irrigue e di bonifica

L’art. 166 del codice prevede che i consorzi di bonifica ed irrigazione possono utilizzare per l’irrigazione dei campi e terreni:
– gli impianti per l’utilizzazione in agricoltura delle acque reflue;
– gli acquedotti rurali ed altri impianti funzionali ai sistemi irrigui e di bonifica;
– acque fluenti nei canali e cavi consortili.

I consorzi per tali forme di utilizzo sono obbligati a corrispondere il pagamento dei canoni per le quantità di acqua utilizzate.

2) Uso agricolo

Ai sensi dell’art. 167, co. 1, del codice dopo il consumo umano deve essere assicurato l’utilizzo a fini agricoli delle acque. Di fatto, circa il 57% delle acque sono utilizzate per scopi agricoli.
Il codice dell’ambiente non tratta esplicitamente dell’agricoltura – tema trattato da apposite norme di settore.
L’art. 167, co. 3 – 4 prevede che l’utilizzo delle acque piovane contenute in invasi-cisterne (c.d. acque private) è libero; ai fini della raccolta delle acque piovane non è necessario disporre di alcune licenza o concessione.

Ulteriori utilizzi

Gli artt. 168 e 169 del codice indentificano senza normare o entrare troppo nel dettaglio due ulteriori finalità: l’uso idroelettrico delle acque e le attività di studio – ricerca. La materia è più approfonditamente disciplinata da normative di settore

L’ELENCO ED IL CATASTO DELLE ACQUE PUBBLICHE

ELENCO DELLE ACQUE PUBBLICHE – L’art. 39 della legge 2644/1884 (successivamente disciplinato dal R.D. 1775/1933) aveva previsto l’introduzione degli Elenchi delle acque pubbliche; la funzione dell’elenco è di indicare i nomi e luogo di scorrimento delle acque in Italia. Secondo la giurisprudenza amministrativa “l’iscrizione nei detti elenchi ha valore costitutivo della pubblicità solo per i “corsi d’acqua” di dimensioni minori, e non anche per i “fiumi” e i “torrenti”, per i quali la pubblicità discende dalla loro stessa natura (arg. ex art. 822 cod. civ.) e l’eventuale iscrizione ha un valore meramente ricognitivo” (tra le più recenti C.d.S., Sez. IV. Sent. 4213/2016).

L’art. 2 del D.P.R. 238/1999 pur mantenendo il vigore gli elenchi ha disposto il venire meno dei loro aggiornamenti.

CATASTO (DELLE UTENZE) DELLE ACQUE PUBBLICHE – prescrive l’art. 5 del RD 1775/1933 che presso ogni provincia, a cura del Ministero delle Finanze è conservato il catasto delle utenze delle acque pubbliche.

Il Catasto ha lo scopo di censire le derivazioni delle acque pubbliche; il suo scopo, squisitamente di carattere fiscale, è di consentire alle Amministrazioni di riscuotere i canoni derivanti dalle concessioni nonché di verificare la tempestività degli adempimenti contabili dei concessionari.

Nel catasto sono indicate le derivazioni [rectius forme di utilizzo] grandi e piccole delle acque

CONTENZIOSI IN MATERIA DI UTILIZZO DELLE ACQUE PUBBLICHE

– targa del TRAP presso la Corte d’Appello di Firenze –

Le controversie in materie di acque pubbliche sono sottoposte alla giurisdizione del Tribunale Regionale delle acque Pubbliche (abbreviato TRAP).

I TRAP sono costituiti presso otto distretti di Corte di Appello e svolgono la funzione di giudice di primo grado nelle controversie vertenti l’utilizzo delle acque pubbliche (ex art. art. 140 del RD 1775/1933).

Le funzioni di giudice di appello in materia di gestione delle acque pubbliche sono affidate al TSAP (Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche). Eccezionalmente, per le materie previste dall’art. 143 RD 1775/1933, il TSAP svolge la funzione di giudice di primo grado.

(per approfondimenti sul TRAP e il TSAP si rinvia al presente link).

di:
Avv. Lorenzo Marranci – Avvocato presso Rocchi & Avvocati

Ipoteche: costituzione ed estinzione

INQUADRAMENTO DELL’ISTITUTO

L’ipoteca (artt. 2808 – 2898 c.c.), assieme al pegno (artt. 2784 – 2807 c.c.), è un diritto reale di garanzia, ossia, misure finalizzate ad incentivare il debitore ad adempiere la propria obbligazione.

I due istituti sono inoltre “cause legittime di prelazione” ex art. 271, co. 2, c.c.; ciò significa che in deroga al principio generale della par condicio creditorum (cioè i creditori devono godere di eguale diritto di soddisfazione) un creditore pignoratizio (titolare di un diritto di pegno) o ipotecario (titolare di un diritto di ipoteca) ha diritto ad essere soddisfatto prima rispetto ad altri non muniti di tali garanzie.

La funzione di garanzia dell’ipoteca si realizza mediante la “sottrazione” al debitore un suo bene e la realizzazione su di esso un vincolo di indisponibilità. Il debitore potrà conseguire nuovamente il bene sottratto solo a seguito dell’adempito del debito.

Secondo la dottrina, l’ipoteca attribuisce al creditore lo ius distrahendi, ossia il diritto di espropriare il bene sul quale è costituita e lo ius prelationis, ossia il diritto di essere soddisfatto nel caso di eventuale vendita del bene (A. TORRENTE – P. SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, p. 482).

Al fine di evitare che questi diritti costituiscano un abuso del creditore la legge stabilisce i casi e le modalità in cui un bene può essere ipotecato (o pignorato).

Mentre il pegno è costituito su beni mobili (non registrati) ex artt. 2786 ss c.c., l’ipoteca ex art. 2810 c.c. può essere costituita:
– su beni immobili e loro pertinenze;
– sull’usufrutto e la nuda proprietà;
– sul diritto di superfice;
– sul diritto dell’enfiteuta e del concedente sul fondo enfiteutico;
– su rendite dello Stato
– su navi, aeromobili o autoveicoli;
– rientrano tra le ipoteche i privilegi iscritti sugli autoveicoli

L’ipoteca si caratterizza per la sua:
specialità (2809, co. 1, c.c.) = “deve essere iscritta su beni specificamente indicati e per una somma determinata di denaro
indivisibilità (art. 2809, co. 2, c.c.) = “sussiste per l’intero sopra tutti i beni vincolati, sopra ciascuno di essi e sopra ogni loro parte
accessorietà (requisito implicito) = esiste fino a quando esiste il credito.

FORME DI IPOTECA E LORO COSTITUZIONE

Tre sono le modalità di costituzione di un’ipoteca: ex lege (c.d. ipoteca legale), a seguito di un provvedimento dell’Autorità Giudiziaria (c.d. ipoteca giudiziale) oppure convenzionalmente (c.d. ipoteca volontaria).

• IPOTECA LEGALE

L’art. 2817 c.c. prescrive che possono iscrivere ipoteca legale:

L’alienante sopra immobili alienati per il pagamento dei conguagli degli obblighi che derivano dall’atto di alienazione (co. 1).

I coeredi, i soci e gli altri conviventi per il pagamento dei conguagli sopra gli immobili assegnati ai condividenti ai quali incombe tale obbligo (co. 2).

Lo Stato sopra i beni dell’imputato e della persona civilmente responsabile secondo quanto disposto dal codice penale e di procedura penale (co. 3).

• IPOTECA GIUDIZIALE

Tutte le sentenze di condanna (ossia i provvedimenti ove il giudice non si limita a riconoscere l’an – esistenza del diritto fatto valere in giudizio – ma dispone anche che la parte soccombente sia tenuta a un dare, non dare, un facere o un non facere) costituiscono titolo idoneo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale.

Anche le sentenze di condanna generica (ove il giudice stabilisce l’an ma non il quantum – entità del danno) o provvisionale (ove il giudice condanna nei limiti della quantità in cui ritiene raggiunta la prova) ex art. 278 c.p.c. sono idonee all’iscrizione dell’ipoteca alla luce di quanto indicato dal primo comma dell’art. 2818 c.c.

Oltre a queste tipologie di sentenze sono titolo per l’iscrizione dell’ipoteca, ex art. 2818, co. 2, c.c. anche gli “altri provvedimenti giudiziali ai quali la legge attribuisce tale effetto” (es. decreti ingiuntivi), i lodi arbitrali purché muniti della formula esecutiva (ex art. 2819 c.c.) oppure le sentenze pronunciate da Autorità Giudiziarie straniere.

• IPOTECA VOLONTARIA

Possono essere anche le parti a decidere quali beni ipotecare. L’art. 2821 c.c. stabilisce che l’atto di costituzione volontaria dell’ipoteca deve essere redatto mediante atto pubblico (atto redatto da notaio) o scrittura privata autenticata (atto scritto dalle parti, firmato da loro pungo e autenticato da un notaio). Il testamento non costituisce titolo di ipoteca volontaria.

Nel caso si proceda ipotecando un bene immobile l’atto deve indicare la natura del bene, il comune ove si trova e i dati di identificazione catastale (art. 2826 c.c.). Secondo la giurisprudenza l’ipoteca immobiliare può essere iscritta solo se il debito ammonta ad una somma superiore a 8.000 euro – Cass. Sez. Unite, Sent. 4077/2010

ISCRIZIONE DELL’IPOTECA

 L’ipoteca si iscrive nell’ufficio dei registri/conservatoria (Agenzia delle Entrate – Ufficio territoriale Provinciale del Territorio) ove si trova il bene da ipotecare (art. 2827 c.c.).

Sarà interesse del creditore procedere all’iscrizione dell’ipoteca in modo di potersi assicurare il corretto adempimento del debito. Infatti, dato che più creditori potranno iscrivere più ipoteche sullo stesso bene (artt. 2852 ss c.c. ss), sarà interesse del creditore agire tempestivamente in modo da essere soddisfatto prima di altri creditori ipotecari (“prior in tempore potior in iure”).

Quanto affermato vale per il privato solo nei casi di ipoteca giudiziale e volontaria. Infatti, nei casi di ipoteca legale sub nn. 1 e 2 dell’art. 2817 c.c. provvederà automaticamente e senza alcun atto di impulso ad opera della parte l’ufficio del territorio competente. L’ipotesi sub n. 3 dell’art. 2817 c.c. avendo come destinatario lo Stato non rileva per il privato.

Secondo quanto dettato dall’art. 2828 c.c. possono costituire oggetto di ipoteca tanto beni già appartenenti al debitore quanto “beni che pervengono successivamente (…) a misura che egli acquista – Disposizione che riflette il contenuto dell’art. 2740 c.c., norma che dispone come il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri.

FORMALITÀ PER L’ISCRIZIONE DELL’IPOTECA

Secondo quanto disposto dall’art. 2839 (norma rubricata “formalità per l’iscrizione”) il creditore per iscrivere l’ipoteca deve presentarsi all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente munito di:

titolo idoneo (sentenzaaltro provvedimento se giudiziale; atto pubblico o scrittura privata autenticata se volontaria)

– una “nota” sottoscritta in doppio originale contenente:
1) generalità (nello specifico cognome, nome, luogo di nascita e codice fiscale – denominazione, ragione sociale, sede e partita iva se persone giuridiche) del creditore, del debitore e dell’eventuale terzo;
2) indicazione del domicilio eletto dal creditore (che deve trovarsi nella circoscrizione del Tribunale in cui ha sede l’ufficio competente) – il creditore potrà sempre variarlo ex art. 2842 c.c.;
3) titolo, data e nome del Pubblico Ufficiale che lo ricevuto o autenticato il titolo;
4) indicazione della somma per la quale si procede con l’iscrizione;
5) interessi e annualità che il credito produce;
6) tempo dell’esigibilità;
7) natura e situazione del bene.

A seguito dell’iscrizione dell’ipoteca, il conservatore restituisce uno degli originali della nota e certifica in calce al documento la data e il numero di iscrizione.

SPESE DELLA PROCEDURA = L’art. 2864 c.c. stabilisce che le spese sono a carico del debitore (salvo venga disposto diversamente) tuttavia devono essere anticipate dal richiedente. Nello specifico dovrà essere corrisposto:

un’imposta di registro del valore di 0,5% del bene;

un’imposta di bollo del valore di 155 Euro;

un’imposta di ipotecaria del valore del 2% del bene

una tassa di iscrizione del valore di 35 Euro.

I presenti tributi dovranno essere corrisposti mediante compilazione di un modulo F24 reperibile presso l’Agenzia delle Entrate.

ESTINZIONE DELLE IPOTECHE

Ai sensi dell’art. 2878 c.c. sono cause di estinzione delle ipoteche:

– la cancellazione;

– la mancata rinnovazione;

– l’estinzione dell’obbligazione;

– il perimento del bene;

– la rinuncia;

– lo spirare del termine;

– il trasferimento del bene ipotecato.

CANCELLAZIONE DELLE IPOTECHE

L’art. 2882 c.c. stabilisce che anche in caso di cancellazione è competente la conservatoria.

Per effettuare la cancellazione il richiedente deve presentare l’atto che giustifica la richiesta (art. 2886 c.c.)

CANCELLAZIONE GIUDIZIALE DELL’IPOTECA

Il giudice può ordinare che un’ipoteca venga cancellata. Stabilisce l’art. 2884 c.c. che “la cancellazione deve essere eseguita dal conservatore, quando è ordinata con sentenza passata in giudicato o con altro provvedimento definitivo emesso dalle autorità competenti”. 

Quindi, nel caso in cui venga pronunciata (e sia passata in giudicato) una sentenza che riconosce l’inesistenza di un credito, il giudice potrà ordinare la cancellazione dell’ipoteca iscritta su un bene.

Si segnala inoltre che ai sensi dell’art. 586 c.p.c. “(…) in caso di vendita forzata il giudice può pronunciare decreto col quale trasferisce il bene espropriato (…) ordinando che si cancellino le (…) iscrizioni ipotecarie”.

CANCELLAZIONE VOLONTARIA (TRAMITE ATTO DI NOTAIO)

L’ipoteca può essere cancellata tramite notaio. Prima dell’entrata in vigore della disciplina introdotta dall’art. 13, co. 8 sexies ss della legge 40/07 essa costituiva l’unica modalità per cancellare un’ipoteca.

Il notaio provvede a cancellare un’ipoteca redigendo un atto pubblico oppure autenticando le firme ad una scrittura privata.

La cancellazione avviene in modo automatico. Si dovranno solamente attendere i termini fisiologici per lo studio della procedura e per la consegna dell’atto alla conservatoria competente. Il conservatore sarà dunque tenuto a cancellare l’ipoteca, ove non proceda potrà essere presentato reclamo ex art. 2888 c.c. (nel caso in cui il conservatore immotivatamente, cioè non ravvisando alcuna irregolarità, non provvederà a cancellare l’ipoteca potrà essere ascritto a suo carico il reato di cui all’art. 328 c.p.omissione di atti d’ufficio. Rifiuto”.).

Le spese per la cancellazione dell’ipoteca sono a carico del debitore ma generalmente vengono anticipate dal richiedente. Nello specifico dovranno essere adempiute le seguenti formalità consistenti nel pagamento di:

un’imposta di registro del valore di 0,5% del bene;

un’imposta di bollo del valore di 155 Euro;

un’imposta di ipotecaria del valore del 0,5% del bene

una tassa di iscrizione del valore di 35 Euro.

In aggiunta a questi pagamenti dovremo pagare anche il notaio incaricato per cancellare l’ipoteca.

CANCELLAZIONE EX ART. 40 bis TUB (art. 13, co. 8 sexies – terdecies l. 40/07)

L’art. 13, co. 8 sexies – terdecies della legge 40/07 (c.d. Decreto Bersani bis) ha previsto una nuova possibilità di cancellazione delle ipoteche. Trattandosi di un’operazione squisitamente bancaria l’art. 5 co. 1 del Dlgs 141/2010 ha inserito il testo dei commi del Decreto Bersano bis nel Testo Unico Bancario (c.d TUB) introducendo un nuovo articolo: l’art. 40 bis.

La cancellazione di ipoteche in commento ha una potata più limitata rispetto a quella già analizzata in quanto operante solo in determinate condizioni:
– il creditore deve essere un istituto di credito
– l’ipoteca deve essere iscritta a garanzia di obbligazioni derivanti da mutuo.

Prescrivono l’art. 13, co. 8-sexies e l’art. 40 bis co. 1 e 2 TUB che a seguito del pagamento del debitore l’ipoteca si estingue automaticamente, cioè senza l’intervento di intermediari, di un notaio (come previsto dall’art. 13 co. 8-undecies; art. 40 bis co. 5 TUB) o dell’Agenzia delle Entrate.

L’art. 13, co. 8 – novies e art. 40 bis co. 3 e 4 TUB prevede che la cancellazione non si verifica se, in presenza di un giustificato motivo ostativo, la banca creditrice comunica (con le modalità previste ex lege per la rinnovazione) che l’ipoteca debba permanere. La richiesta deve pervenire entro 30 giorni dalla scadenza dell’obbligazione.

L’Agenzia delle entrate potrà a questo punto:
mantenere l’iscrizione dell’ipoteca (non sorgeranno conseguenze civili o penali a carico dell’istituto di credito);
cancellare d’ufficio l’ipoteca

La procedura non ha alcun costo.

CANCELLAZIONE IPOTECHE E TAIC

Il TAIC (tutela dell’acquirente per gli immobili da costruire – per approfondimenti clicca qua) all’art. 8 stabilisce che il notaio non potrà procedere alla stipula dell’atto di compravendita dell’immobile seanteriormente o contestualmente alla stipula, non si sia proceduto (…) al perfezionamento di un titolo per la cancellazione o frazionamento dell’ipoteca”.

MANCATO RINNOVO DELL’IPOTECA

L’ipoteca ha una durata di 20 anni. Se non viene rinnovata entro la scadenza del termine essa cessa di avere efficacia (art. 2847 c.c.). Il mancato rinnovo entro la scadenza comporta il venire meno del titolo maturato sul bene.

Anche se l’ipoteca non viene rinnovata non è preclusa al creditore la possibilità di effettuare una nuova iscrizione sul bene precedentemente ipotecato, purché sia ancora valido il suo titolo originario. Tuttavia, essendo una nuova iscrizione, essa non prevarrà sulle ipoteche già iscritte sul bene da parte di altri creditori.

PERIMENTO DEL BENE O ESTINZIONE DEL CREDITO

La natura accessoria dell’ipoteca è ravvisabile per il fatto che se viene meno il bene ipotecato, oppure se viene meno il diritto (es. prescrizione di un credito o compensazione), l’ipoteca si estingue automaticamente.

RINUNZIA ALL’IPOTECA

Altra forma di estinzione è la rinunzia. L’art. 2879 c.c. stabilisce che la rinuncia deve avvenire mediante dichiarazione scritta sotto pena di nullità.

Un’eventuale rinuncia effettuata in forma orale è nulla (tamquam non esset) ex art. 1418 c.c.; tuttavia il nostro ordinamento riconosce anche una “rinuncia tacita” consistente nel mancato rinnovo dell’ipoteca entro la scadenza di cui all’art. 2847 c.c..

di:
Avv. Carlo Rocchi – Fondatore Rocchi & Avvocati
Avv. Lorenzo Marranci – Avvocato presso Rocchi & Avvocati