Agibilità e commerciabilità degli immobili

PREMESSA SULLA AGIBILITÀ E COMMERCIABILITÀ

Commerciabilità e agibilità individuano lo stato degli immobili anche ai fini della compravendita. I due istituti sono regolati dal D.P.R. 380/01 (di seguito identificato con la dicitura Testo Unico sull’edilizia o, ancora più semplicemente, T.U.E.).

Il T.U.E. non offre una definizione dei due istituti ma precisa quando, e a quali condizioni, un immobile possa dirsi agibile e quando commerciabile.

AGIBILITÀ

L’agilità è regolata dagli artt. 24 – 26 T.U.E., norme relative al Capo I (rubricato “certificato di agibilità”) del Titolo III (agibilità degli edifici).

In assenza di una definizione di agibilità molti autori si sono interrogati sul significato di tale termine e nello specifico se esso dovesse essere inteso come sinonimo di “abitabilità” (ossia possibilità di vivere in un determinato immobile) oppure se dovesse assumere un significato diverso.

In un recente passato (disciplina contenuta nella legge 47/85 e la giurisprudenza) si è effettivamente attribuito ai due termini un significato diverso.

L’abitabilità doveva riferirsi ai soli immobili ad uso abitativo mentre l’agibilità aveva una portata più vasta in quanto si riferiva ad ogni tipologia di immobile (quindi, per esemplificare, anche ai luoghi di lavoro, sia pubblici che privati).

Gli studi notarili (nello specifico lo studio 4512) precisano che oggi la distinzione risulta priva di particolare pregio.

Ad avviso del Notariato “non sono mai esistiti due diversi procedimenti, disciplinati per conseguire due diversi certificati, esistendo invece il solo procedimento volto al rilascio del certificato di abitabilità, inizialmente disciplinato dall’art. 221 del T.U. di Sanità e successivamente dall’art. 4 del D.P.R. 425/1994. È questo l’unico procedimento che viene avviato per conseguire l’idoneità abitativa di qualunque unità immobiliare, sia essa o meno destinata a civile abitazione; lo conferma il fatto che il corredo documentale dell’istanza, come pure le indagini tecniche preliminari al rilascio del certificato, non cambiano a seconda del tipo di unità immobiliare da certificare”.

Inoltre, a conferma della identità tra i due termini, si segnala la relazione al T.U.E., ove si legge “per quanto riguarda l’agibilità degli edifici, si è, preliminarmente, operato per ridurre ad unità i termini di agibilità-abitabilità fonte di ambiguità, in quanto promiscuamente impiegati dal legislatore nel corso degli anni […] si è pertanto provveduto ad eliminare il duplice riferimento terminologico attualmente presente nella legislazione di settore” (P. ZANELLI e F. BONORA, “Agibilità: “incommerciabilità economica” non è “incommerciabilità giuridica”, in Notariato n. 3/2017).

Quindi, seppure nel linguaggio corrente si continua a parlare anche di abitabilità, è la sola agibilità ad avere valenza giuridica.

Ancora oggi però i due termini sono utilizzati come sinonimi. A titolo di mero esempio si osservi come anche il Comune di Firenze non prevede distinzione tra i due termini.

La disciplina del T.U.E. sulla agibilità

L’art. 24, modificato ed integrato da una serie di riforme (tra le più recenti nel 2021), è la norma chiave in tema di agibilità degli immobili.

Il citato articolo riprende ed amplia quanto previsto nella precedente riforma urbanistica (art. 4 del D.P.R. 425/1994).

La norma dispone nello specifico che per essere agibile l’immobile deve rispettare determinati standard: di sicurezza, di igiene, di salubrità, di risparmio energetico e di rispetto degli obblighi di infrastrutturazione digitale.

Conclude il primo comma della norma che, la conformità dell’immobile al progetto, è accertata mediante segnalazione certificata di inizio attività (Anche detta “SCIA”, che è quindi di un atto del privato).

La “SCIA” a norma del comma secondo dell’art. 24 T.U.E. deve essere presentata per interventi quali:

A) “nuove costruzioni” = costruzioni ex novo di un immobile (sul punto si rinvia per approfondimenti anche alla disciplina contenuta nel c.d. TAIC – D.lgs. che offre tutele all’acquirente per gli immobili da costruire – clicca qua)

B) “ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o parziali” = modifiche all’immobile (es. costruzione di una veranda inamovibile)

C) “interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di cui al comma 1” = modifiche che possono influire sulle condizioni di sicurezza, di igiene di salubrità, di risparmio energetico, di rispetto degli obblighi di infrastrutturazione digitale.

La segnalazione deve essere presentata entro 15 gg dal momento della conclusione dei lavori indicati dalle lettere A-B-C dell’art. 24 T.U.E.. Si presenta presso lo sportello unico per l’edilizia. Ogni Comune ha uno sportello (sempre con riferimento alla città di Firenze, quale esempio, maggiori informazioni possono essere ricavate dall’apposito sito dell’Amministrazione comunale: https://ediliziaurbanistica.comune.fi.it/edilizia/index.html).

La segnalazione è richiesta anche per:

• “singoli edifici o singole porzioni della costruzione, purché funzionalmente autonomi, qualora siano state realizzate e collaudate le opere di urbanizzazione primaria relative all’intero intervento edilizio e siano state completate e collaudate le parti strutturali connesse, nonché collaudati e certificati gli impianti relativi alle parti comuni”;

• “singole unità immobiliari, purché siano completate e collaudate le opere strutturali connesse, siano certificati gli impianti e siano completate le parti comuni e le opere di urbanizzazione primaria dichiarate funzionali rispetto all’edificio oggetto di agibilità parziale”.

La segnalazione di inizio attività deve essere inoltre accompagnata:

a) attestazione del direttore dei lavori o di un professionista finalizzata ad accertare l’esistenza delle condizioni di sicurezza, di igiene di salubrità, di risparmio energetico, di rispetto degli obblighi di infrastrutturazione digitale dell’immobile;

b) certificato di collaudo statico dell’immobile (ex art. 67 T.U.E.) oppure dichiarazione di regolare esecuzione resa dal direttore dei lavori (nel caso di interventi di riparazione e per gli interventi locali sulle costruzioni esistenti – art. 67, co. 8 bis, T.U.E.).

c) dichiarazione di conformità delle opere realizzate o di superamento delle barriere architettoniche (artt. 77 e 82 T.U.E.);

d) indicazione degli estremi della registrazione catastale (c.d. regolarità o conformità catastale);

e) dichiarazione dell’impresa che ha compiuto i lavori volta ad accertate che l’immobile sia conforme con le prescrizioni di sicurezza, di igiene di salubrità, di risparmio energetico, di rispetto degli obblighi di infrastrutturazione digitale;

e-bis) attestazione che l’edificio è predisposto all’istallazione della banda ultra larga ex art. 1, co. 2 lett. b) del D. M; 37/08 e linee guida CEI 306-2, CEI 306-22 e 64-100/1, 2 e 3.

La segnalazione può essere presentata anche in assenza di lavori per immobili privi di agibilità purché presentino i requisiti di cui all’art. 8 del D.lgs 281/97

Regioni, Province, Comuni e Città metropolitane, nell’ambito delle loro rispettive competenze, accertano (a campione) il rispetto delle prescrizioni sopraindicate.

La mancata presentazione della documentazione necessaria – quindi abitare in un immobile non agibile – comporta l’irrogazione di una sanzione pecuniaria che può ammontare tra 77 e 464 euro. (La precedente disciplina sanzionava prevedeva una pena detentiva; il D.lgs 507/1999 ha depenalizzato tale reato stabilendo unicamente una sanzione amministrativa).

Il successivo art. 26 (rinviando all’art. 222 del T.U. leggi sanitarie) precisa che se il bene non rispetta gli standard imposti ex lege l’Amministrazione potrà dichiarare l’inagibilità dell’immobile o ordinare lo sgombro.

Agibilità e conformità

L’agibilità non deve essere confusa con la conformità di un immobile.

Il termine conformità è da intendersi come sinonimo di “regolarità”.

L’immobile può essere conforme/regolare dal punto di vista catastale o urbanistico.

La conformità catastale si ha se l’immobile è regolarmente “censito” nel catasto e dunque lo stato reale coincide con la rappresentazione catastale ultima depositata.

La conformità urbanistica si ha se l’immobile è privo di abusi edilizi.

COMMERCIABILITÀ

La commerciabilità è la possibilità di compiere negozi inter vivos (come ad esempio una vendita o una locazione) su un determinato bene immobile.

Il T.U.E. precisa che l’immobile è commerciabile se rispetta i requisiti dettati dal suo art. 46

La disciplina del T.U.E. sulla commerciabilità

La disposizione in commento precisa che per “commerciare” un immobile, costruito dopo il 17 marzo 1985 (momento del c.d. condono edilizio) il bene deve risultare munito (o quanto meno devono essere indicati gli estremi) del permesso di costruire o del permesso di sanatoria.

In assenza di uno di questi titoli, per espressa previsione del T.U.E., il negozio sarà nullo per incommerciabilità dell’immobile.

Il permesso di costruire o il permesso di sanatoria non sono necessari in relazione agli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù.  Tali diritti secondo quanto indicato dal T.U.E. possono infatti essere costituti anche su beni non commerciabili.

Inoltre, nel caso venga dichiarata la nullità dell’atto inter vivos per difetto del permesso di costruire o del permesso di sanatoria l’eventuale sentenza non pregiudica i diritti di garanzia o di servitù acquisti.

Ugualmente non sono necessari i predetti titoli nel caso in cui l’immobile venga acquisito tramite procedure esecutive o individuali o concorsuali.

Il nuovo proprietario dell’immobile dovrà tuttavia attivarsi per richiedere il permesso per costruire in sanatoria entro 120 giorni.

Il successivo art. 47 precisa che nel caso venga commercializzato un immobile che non rispetti le prescrizioni indicate sulla commerciabilità si applicano a carico del notaio le sanzioni di cui all’art. 28 della legge 89/1913.

AGIBILITÀ E COMMERCIABILITÀ: SI PUÓ VENDERE UN IMMOBILE NON AGIBILE?

Una risposta chiara è offerta dallo studio del notariato 84-2018/P che asserisce come un immobile non agibile può essere commerciato!

Detto studio afferma infatti che “è agevole concludere che un immobile sprovvisto dell’agibilità non è incommerciabile, subendo esclusivamente un deprezzamento rispetto al valore che avrebbe in caso contrario, sia in relazione all’impossibilità di pieno godimento dello stesso, che in considerazione delle spese che si renderanno eventualmente necessarie al fine dell’ottenimento dell’agibilità”.

Se quindi è possibile commerciare un immobile non agibile, è necessario che l’alienante renda l’altra parte consapevole delle qualità e dello stato dell’immobile.

Ove venga taciuta la non commerciabilità del bene, il soggetto interessato all’immobile (es. il compratore nel caso di acquisto di un immobile ex art. 1475 c.c. ss) potrà chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento della controparte.

Infatti, secondo la nostra giurisprudenza dato che il venditore è tenuto (ex art. 1477, co. 3, c.c.) a consegnare il certificato di agibilità, l’eventuale rifiuto, opposto dal promissario acquirente, di stipulare la compravendita definitiva dell’immobile, sprovvisto dei certificati di agibilità, abitabilità e conformità alla concessione edilizia, deve ritenersi giustificato (sul punto Cass. 2438/16 e più recentemente 4307/18)”.

Nel caso di vendita di un immobile, il venditore deve informare e garantire l’acquirente sulle qualità del bene.

 Infatti, ai sensi dell’art. 1490, co. 1, c.c. il venditore ha l’obbligo di garantire (quindi ancora prima informare) che il bene oggetto di vendita sia immune da vizi che lo rendano inidoneo all’uso cui è destinato o che ne diminuiscano il valore in modo apprezzabile; la predetta garanzia non opera (ex art. 1491 c.c.) nel caso in cui i vizi del bene siano palesemente e facilmente riconoscibili purché il venditore non abbia espressamente affermato che il bene era esente da vizi.  

Nel caso in cui il bene non disponga delle qualità promesse il compratore può esercitare l’azione estimatoria e chiedere che il bene venga venduto ad un prezzo minore di quello pattuito (ex art. 1493 c.c.).

Se è stato un soggetto che svolge abitualmente l’attività di vendita di immobili (c.d. professionista come una agenzia immobiliare) a presentare il bene non commerciabile, il compratore potrebbe ricevere tutela anche dalle disposizioni contenute nel codice del consumo (es artt. 36 ss del codice del consumo, disposizioni che prevedono la nullità di contratti con clausole vessatorie).

Se viene appurato che ci è stato fornito un falso documento, e che quindi l’immobile era in realtà non commerciabile, si potranno ravvisare ai danni del venditore anche conseguenze dal punto di vista penale (es truffa ex art. 640 c.p. e/o uso di atto falso ex art. 489 c.p.)

CONFORMITÀ E COMMERCIABILITÀ: SI PUO’ VENDERE UN BENE IRREGOLARE?

1) conformità catastale

Un immobile non conferme dal punto di vista catastale non può essere commerciato.

Prevede infatti sensi l’art. 29, co. 1 bis, l. 52/1985 la nullità del negozio stipulato tra le parti se l’immobile non risulta conforme ai dati depositati nel catasto.

Sarà, ai sensi della norma illustrata, compito del notaio verificare al momento del rogito gli “intestatari catastali e (…) la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari”.

2) conformità urbanistica

Anche in caso di non conformità urbanistica un immobile non può essere commerciato.

La giurisprudenza resa dalle Sezioni Unite della Cassazione (Cass. Sez. Unite 8230/19) pone però un’ulteriore specifica.

Ad avviso della Suprema Corte, la nullità/non commerciabilità ex art. 46 T.U.E. potrà essere riconosciuta solo qualora l’alienante non presenti al momento del negozio inter vivos il titolo edilizio (permesso di costruire o permesso in sanatoria) dell’immobile da trasferire.

La presentazione successiva del titolo opera come convalida del negozio nullo. Il titolo edilizio deve quindi esistere ed essere veritiero; al contrario, in sua mancanza, opererà la nullità ex art. 46 T.U.E.

di:
Avv. Carlo Rocchi – fondatore dello studio Rocchi&Avvocati